Le morti per selfie sono triplicate dalla fine del lockdown
In India sono 184, negli Stati Uniti se ne contano 25 e in Russia arrivano a 19. Si tratta delle persone morte dal 2011 nel tentativo di scattare il selfie perfetto. Se nel 2020 i decessi dovuti alla sprovvedutezza narcisistica sono stati sette, il 2021 ha visto aumentare questo genere di tragedie, fino a raggiungere quota 24. Secondo i dati raccolti dalla Rhino Safety, studio di consulenza inglese che valuta il rischio e la sicurezza in vari ambiti, al primo posto tra le cause principali si collocano le cadute, che provocano un terzo degli incidenti mortali totali. Al secondo posto, compaiono gli annegamenti, responsabili di un quinto delle morti.
I dettagli dello studio
Sulla base delle statistiche, il rischio a cui vanno incontro le persone che tentano l'autoritratto in circostanze estreme varia a seconda del sesso: gli uomini hanno più del doppio delle probabilità di morire (64%) rispetto alle donne (30%). Nonostante la differenza notevole, esiste qualcosa che li accomuna e da cui deriva la voglia di andare oltre i limiti del buon senso. Si tratta dell'esigenza di soddisfare le aspettative dei propri follower, un pubblico disposto a regalare montagne di apprezzamenti di fronte a immagini mozzafiato. A titolo esemplificativo, Xiao Qiumei, operaia cinese e nota tiktoker, ha perso la vita a luglio cadendo da una gru alta 48 metri mentre filmava un video per i suoi 100.000 follower. Nello stesso periodo, la 32enne Sofia Cheung, influencer ed escursionista con 6000 seguaci, nel tentativo di farsi un selfie è morta cadendo nella gola di una cascata di Honk Kong.
Social network e pandemia
A preoccupare Simon Walter, direttore del Rhino Safety, è l'effetto devastante che potrebbe sprigionarsi dalla somma di due fattori: l'allentamento delle misure restrittive dovute al Covid e il timore di essere tenuti fuori dal flusso di informazioni che scorre lungo le homepage dei social (FOMO o fear of missing out). I 24 morti del 2021 sono ben lontani dai 107 del 2017, ma nulla impedisce che la voglia di esibirsi in un periodo di relativa libertà possa aumentare il numero delle performance fatali. "Mentre le piattaforme di social media possono essere luoghi sorprendenti per costruire connessioni con le persone in tutto il mondo, la pressione per distinguersi può spingere le persone a correre rischi per creare contenuti ‘emozionanti' che possono, purtroppo, trasformarsi in tragedie", ha dichiarato Walter. In questo caso, ottenere un seguito enorme sulle piattaforme come Instagram e TikTok comporta una serie di operazioni, tra cui a volte compaiono pose e comportamenti dissennati. Ma nel momento in cui si sceglie la spericolatezza fine a stessa viene meno il legame con i propri ammiratori e si pecca di vanagloria, quando non addirittura di hybris. "È importante, ora più che mai, riflettere sui rischi che siamo disposti a correre, e se vale davvero la pena di perdere la vita per un selfie", conclude Walter.