Lo stop al riconoscimento facciale di Facebook non vale per il metaverso
Quando nelle scorse ore Facebook ha annunciato che avrebbe disattivato il suo sistema di riconoscimento facciale capace di taggare in automatico le persone nelle nuove foto pubblicate sul social, in molti hanno pensato che l'annuncio si riferisse in generale a tutti i prodotti e servizi realizzati dal gruppo Meta, al quale la piattaforma fondata da Mark Zuckerberg fa riferimento. Ebbene, le cose non stanno così: nell'annuncio che è stato dato effettivamente dal blog aziendale di Meta non viene per niente assicurato che le tecnologie di riconoscimento facciale saranno bandite del tutto all'interno del gruppo; questo vuol dire che all'interno di altre app e piattaforme — comprese quelle inerenti al metaverso che Mark Zuckerberg vuole costruire da qui ai prossimi 10 anni — queste tecnologie rimarranno in qualche misura attive.
Un dietro front parziale
Nel suo intervento il gruppo ha specificato che "l'interruzione del programma di riconoscimento facciale interno a Facebook è parte integrante di uno sforzo complessivo a livello aziendale per limitare l'uso di queste tecnologie nei propri prodotti"; il resto del post di ieri si è concentrato su Facebook liquidando in poche righe la questione più generale, e affermando semplicemente che "Il riconoscimento facciale rimane uno strumento eccezionalmente valido" per alcuni casi specifici. La conferma della volontà di insistere sull'utilizzo di questa tecnologia nel metaverso è arrivata dalle dichiarazioni di un portavoce di Meta rilasciate a Recode: "Crediamo che il riconoscimento facciale abbia il potenziale per creare esperienze d'uso positive preservando privacy, controllo e trasparenza; terremo informata l'opinione pubblica sull'utilizzo che intendiamo fare di tecnologie come questa".
Gli altri dati a rischio
La fisionomia dei volti in effetti non è l'unico dato biometrico a rischio nel metaverso. Nel mondo virtuale immaginato dal fondatore di Facebook, gli avatar si muoveranno traendo indizi dalle loro controparti in carne e ossa; muoveranno mani, occhi e bocca partendo da informazioni ottenute in tempo reale dagli utenti — non solo scansioni del volto, ma anche impronte vocali, movimenti del corpo e perfino l'ambiente circostante. Si tratta di una miriade di dati che, similmente ai tratti somatici, possono essere utilizzati per risalire all'indentità dei proprietari o crearne un profilo per l'invio di pubblicità mirate.
Tutto nelle mani di un'azienda protagonista di più di uno scandalo di cybersicurezza, che poche ore fa ha dovuto fare marcia indietro sull'impiego di una frazione di queste informazioni. La decisione comunicata nelle scorse ore da Meta ha insomma un valore innegabile, ma in prospettiva futura potrebbe rappresentare una concessione da poco: per capirlo sarà fondamentale che opinione pubblica e governi mantengano alta l'attenzione sul tema della raccolta dei dati biometrici da parte di aziende e multinazionali.