Luca Ascani da BuyCentral ad Excite: intervista al presidente di GoAdv
Luca Ascani è il nuovo "ospite" di Dialoghi Digitali. L'intervista al presidente di GoAdv, non ancora trentenne, ripercorre un po' tutta la storia online dell'imprenditore romano: dai primi investimenti (a 20 anni) con la francese BuyCentral fino alla crescita odierna di GoAdv, società attiva in mezza Europa e dal 2007 titolare di Excite.
Ascani definisce internet "il settore più democratico in assoluto", sottolineando come in altri mercati vi siano barriere all'ingresso spesso molto difficili da superare. Inoltre il presidente di GoAdv pone l'accento sull'importanza di non rimanere ancorati all'Italia: la società, oltre a fare business in 8 diverse nazioni europee ed avere sede in 3 di queste, è composta da 140 dipendenti di 20 nazionalità differenti.
Lei ha iniziato a investire sul web nel 2000 a soli 20 anni. La sua prima società nacque col gruppo BuyCentral. Cosa la spinse a investire in questo settore?
"Il mio primo investimento è stato di 500 euro. Avevo 20 anni. Ho iniziato a lavorare su internet per caso. Non sono un tecnico, ancora oggi non so scrivere una riga di Html. E' stata un'opportunità. Parlavo bene il francese e da lì ho sviluppato un business in Italia con la società BuyCentral, di cui ero piccolo azionista. In seguito la Francia fallì, mentre l'Italia era in positivo. L'Italia prese la Francia e vendemmo poi nel 2004 a Lycos Europa. Nel frattempo avevo creato Advance nel 2002, con alcuni collaboratori: un centro media specializzato in internet. E' stata una serie di eventi iniziali che mi hanno fatto entrare in questo mondo. Ho iniziato a lavorare nel settore ed è chiaro che è il settore più democratico in assoluto, nel senso che con 500 euro investiti qualche anno fa oggi siamo arrivati a GoAdv. Altre aziende che ho creato sono tutte società che ho fondato con zero: senza capitale iniziale, puramente crescita organica, al 100%. Internet, se uno è dentro e capisce le logiche del business, è sicuramente il comparto più democratico che ci sia e il più facile da internazionalizzare. I capitali iniziali da investire sono veramente minimi, volendo".
La rete è senza dubbio "democratica". Ma quanto sono importanti le competenze?
"In altri settori è impossibile sfondare solo con le competenze. Magari servono milioni di euro per costruire una fabbrica. Online la situazione è differente. Le competenze ovviamente evolvono e bisogna seguire con continuità tutti i trend del mercato, che va avanti a una velocità impressionante. Bisogna stare dietro a tutti quelli che sono i cambiamenti, in una visione che sia sempre internazionale e non locale perché altrimenti non si va avanti. E questo è proprio quello che succede in Italia. Nel nostro Paese non ci sono tante grandi aziende internet quante ce ne sono magari in nazioni molto simili alla nostra, come la Francia o la Germania, in cui ci sono delle economie sicuramente molto più sviluppate della nostra per quanto riguarda la rete".
Alla soglia dei 30 anni è presidente di una società come GoAdv, con sedi che vanno ben oltre i confini nazionali. In passato ha dichiarato: “solo in Italia a ventotto anni sembra che si è troppo giovani per fare gli imprenditori”. Come si conquista il web?
"Competenze, guardare i mercati, pensare al business internazionale. Bisogna pensare a non buttare soldi, facendo sempre attenzione agli investimenti che si fanno, cercando di capire come guadagnare immediatamente. Noi siamo partiti dall'Italia con una logica che è un po' differente da quella del mercato americano, in cui ci sono i venture capital che arrivano e riempiono di soldi la società sull'idea, e poi spendono i soldi per sviluppare l'idea stessa. Una su mille riesce ad andare in positivo, una su un milione diventa Facebook, Google o Twitter. Per il momento due di queste ancora non fanno soldi, però hanno un posizionamento di mercato unico. Quelle di questo tipo sono tipologie di azienda che io non riuscirò mai a creare. Riuscire a creare un'impresa che fa business da subito, reinvestire l'investimento fatto, farla crescere: questo è sicuramente qualcosa che è più nelle logiche che mi corrispondono. Ed è per questo che oggi siamo riusciti ad essere un'azienda abbastanza grande, e con dei potenziali di crescita di fronte ancora enormi".
GoAdv è un'azienda con sede a Dublino che opera in circa 10 mercati. Com'è strutturata la società e quanto è importante la componente italiana?
"C'è una holding che è quotata a Parigi, pur senza avere uffici lì. Io mi sposto tra Parigi e Londra, anche se non abbiamo uffici nè da una parte nè dall'altra. Oggi io lavoro da casa. Gli uffici sono a Dublino, dove ci sono circa 55 persone che fanno finance marketing e gestione dei Paesi, quindi revenues se vogliamo. Invece a Roma abbiamo altre 45 persone che fanno Tecnologia e Prodotto e poi abbiamo a Manila altre 20 persone. In più abbiamo una filiale a Pisa che si occupa di web analytics e si chiama Trackset. I due fondatori di GoAdv sono italiani. Poi c'è un direttore finanziario che è irlandese, un direttore marketing che è inglese. A Roma ci sono per la parte del Prodotto e la parte Operation e Tecnologia i due manager sono italiani. In questo momento la società ha 20 nazionalità differenti su 140 dipendenti. Gli italiani probabilmente rappresenteranno 30 persone su 140. I manager sono Emiliano Carlucci e Roberto D'Angelo. Poi ci siamo io e Salvatore Esposito che siamo i fondatori. GoAdv è abbastanza variegata come società. Anche il secondo livello è tutto internazionale. Cerchiamo di non essere troppo italiani perché sarebbe un limite. Dobbiamo essere internazionali in tutto".
Lei ha dichiarato: “non sono un tecnico, ma riesco a comprendere cosa cerca l’utente su internet, quali sono i suoi bisogni”. Quanto è importante conoscere a fondo e capire le dinamiche del web “oltre” la tecnologia?
"E' tutto. La tecnologia è un service, ma l'importante è capire cosa fa l'utente su internet. Quello che dico sempre è che oggi GoAdv è un media, perché come tutti i media fa 3 cose: crea contenuti, li distribuisce e ci fa un business sopra. Per la creazione di contenuti non abbiamo giornalisti ma tutti web editors che lavorano da casa. Sono un centinaio di persone con cui non abbiamo contatti diretti ma che creano contenuto e vengono remunerate per i contenuti. Abbiamo una distribution del nostro prodotto media che non avviene tramite le edicole o la televisione. Su internet la comunicazione non è push ma è una comunicazione pull, nel senso che le persone cercano l'informazione, e quindi la distribuzione avviene attraverso i motori di ricerca. Monetizziamo il nostro traffico non attraverso le pubblicità display, brand, ecc. ma attraverso pubblicità performance, dando quindi un risultato completo ai nostri clienti: click, vendite, e così via. Ciò ha creato un business model che è molto sano ed è indipendente dai flussi pubblicitari che magari in certi periodi sono di più e in certi periodi di meno. E' invece più costruito sul reale apporto che diamo al business dei nostri clienti. Abbiamo tre prodotti editoriali.
Excite, società che abbiamo comprato nel 2007 e che è un portale di entertainment. I "very better better deals", vale a dire le migliori offerte, le guide d'acquisto: spieghiamo l'environment di cosa l'utente cerca, e quindi lo aiutiamo a trovare quello che cerca. Ad esempio, in Francia esiste un mercato delle piscine e abbiamo un sito apposito che spiega i differenti tipi, i differenti robot per pulirle e così via. Io non so niente di piscine, magari una persona ne compra una nella vita, ma in quel caso c'è bisogno di sapere come funziona. Infine abbiamo il nanopublishing. Si tratta di vertical blog su argomenti specifici, e quindi su Macintosh, su Black Berry, sul viaggio, sulle carte di credito, ecc. Sono aggiornati da persone appassionate di un determinato argomento e che scrivono regolarmente su quell'argomento".
Passiamo ad Excite Europa. GoAdv l'ha acquisita nell’ottobre 2007: qual è il bilancio di quest’operazione ad oggi?
"A livello finanziario abbiamo comprato un'azienda che faceva 4 milioni di fatturato e 150mila euro di Ebit nel 2007. L'abbiamo comprata per 2,7 milioni di euro a ottobre 2007, appunto. Nel 2008 Excite Europa ha fatto 10 milioni di fatturato e 2 milioni di Ebit. Quindi, in un anno scarso abbiamo rilanciato Excite a livello europeo. Siamo passati da 5 a 12 milioni di utenti unici in Europa. Abbiamo rilanciato i contenuti di Francia, Germania, Spagna, Uk, dove praticamente non esistevano. Anche in Italia il traffico è aumentato molto. Il bilancio è quindi più che positivo, sicuramente. E' stato un ottimo affare per noi e senza dubbio l'affare ha dato un rilancio completo al prodotto".
In considerazione anche della sua esperienza giornalistica pregressa, come sta cambiando il mondo dell'informazione?
"L'informazione online sta cambiando il mondo dell'informazione in genere. E' un modo di comunicare completamente diverso. Non si può pretendere di portare quella che è una struttura giornalistica attuale online. Bisogna pensare a un nuovo modello di business, come accennavo prima. Bisogna sì creare contenuto, sì distribuirlo, sì monetizzarlo, ma in una versione completamente nuova rispetto a quello che è il business tradizionale, della stampa. Questo è il problema. E' una rivoluzione enorme, per cui gli attuali player di mercato offline avranno difficoltà grandissime a riuscire ad andare avanti. Hanno strutture di costi eccessive. Per quanto riguarda la distribuzione della carta, ad esempio, si tratta di una realtà molto più "industriale". Invece internet è nettamente più immateriale. Per quanto ci riguarda noi abbiamo uno spazio molto ampio. Facciamo contenuti in 8 lingue e quindi abbiamo capacità di produrre.
Ad oggi produciamo circa 10mila contenuti ogni mese tra scritti e video all'interno, appunto, di Excite, del nanopublishing e dei better deals, e l'obiettivo è di continuare a crescere con la produzione di contenuti. E' una rivoluzione che non saranno gli stessi player a giocare. E ci può essere ugualmente la qualità. L'estrema qualità del contenuto giornalistico si può avere su internet a un prezzo nettamente inferiore. E assolutamente non si passa attraverso i contenuti a pagamento come ha detto Murdoch, perché ci sarà sempre qualcuno disponibile a farli gratis con una qualità uguale, se non superiore. Le parole di Murdoch sono connesse ai problemi enormi a giustificare il peso delle strutture attuali. Strutture che su internet non ti ripagano".
GoAdv è riuscita a trovare una soluzione efficace per quanto riguarda il business model su internet, a differenza di tante altre società. Da questo punto di vista, il problema è nelle aziende o nel medium stesso?
"E' assolutamente nelle aziende. Molti non capiscono ancora che non si può vivere di solo display. Bisogna vivere di performance. Il problema è che per vivere di performance bisogna avere le competenze. Le nostre competenze sono molto forti in merito a come portare traffico sul proprio sito o su come lo stesso sito può essere "monetizzato". Riusciamo a portare un risultato completo al cliente. Chi fa display è abituato a vendere tanto al chilo, come si fa sui giornali o in Tv, senza una reale analisi del ritorno immediato per conto del cliente. E su internet purtroppo tutto si può trackare, tutto si può analizzare. Quindi fondamentalmente non si possono raccontare troppe storie: bisogna portare un risultato concreto. E quello che noi sappiamo fare. Ciò deriva un po' anche dell'esperienza che ho avuto come agenzia, quando con Advance portavamo risultati concreti ai clienti. Vendevamo performance già allora".
Tornando a Trackset, che si occupa di digital marketing solution, qual è il valore aggiunto dei servizi e degli strumenti che offre?
"Trackset è uno strumento di web analytics per le aziende. Chi fa un investimento pubblicitario, oltre a comprar bene, deve vedere poi l'efficacia di questo investimento, e quindi il reale ritorno che dà. Magari l'ottimizzazione può anche essere fatta sul proprio sito, migliorando il percorso di navigazione, migliorando l'interattività con l'utente e potenziale cliente. Questo tipo di analisi sicuramente gioca un ruolo essenziale per chi vuole fare business su internet".
Passiamo a Google e alla sua leadership, che al momento non sembra tramontare. Ciò rappresenta un rischio per la rete?
"Google fa parte del sistema, non si può bypassare. Se sia o meno è un rischio, non lo so. Ma è così e basta. Google genera economia. Non è semplicemente un motore di ricerca, è una piattaforma economica dove si sviluppa il business di migliaia di persone, forse qualche milione di persone che vive grazie a Google. Noi viviamo grazie a Google come tantissime altre aziende. Google, Yahoo! ecc. sono realtà alle quali bisogna sapersi adattare. O si decide di diventare piattaforma, essere Facebook, essere Twitter, e allora in bocca al lupo. In questo caso la sfida è molto più grande, e sicuramente non si può fare dall'Europa. Sono soprattutto gli americani a investire in questo campo. E' difficile dall'Europa andare a fare una cosa del genere. Ma ci si può anche adattare alle piattaforme, capire come gli utenti utilizzano questi strumenti. Teniamo presente che nessuno obbliga nessuno ad andare su Google, però la gente ci va ugualmente. Insomma, si tratta di una scelta abbastanza democratica. L'importante è capire perché gli utenti vanno lì, come lo usano e quindi poi come poter magari dar vita a un business".
Rimanendo in tema, la partnership tra Microsoft e Yahoo! riuscirà a insidiare Google? L’accordo è una novità positiva o negativa per la rete?
"Ottima, eccezionale. Crea un secondo player e apre il mercato, va benissimo. Non penso che insieme riusciranno a raggiungere Google. Sicuramente ci sarà un'alternativa. Quindi non sarà più 100 e 0, però ci sarà più concorrenza. Ma sicuramente non sarà 50 e 50. Ad ogni modo ricordiamoci che ci sono Paesi in cui Google non sfonda. Vedi Baidu in Cina o Yandex in Russia. Sono Paesi che conservano con tutte le loro forze il proprio mercato. Sono Paesi che sono abbastanza isolati dal resto, per quanto riguarda la facilità di penetrazione di un business internazionale. Sono Paesi in cui Google non è il numero 1".
Gli italiani online sono sempre di più ma il nostro Paese sembra un passo indietro agli altri. Qual è lo "stato di salute" del mercato web nazionale oggi e come immagina lo stesso scenario tra 10 anni?
"E' un mercato piccolo, dove sicuramente ci sono possibilità di sviluppo. Però finché i grossi player media non capiscono che bisogna muoversi su internet, intendo Mediaset-Mondadori e gli altri, piuttosto che altri gruppi, le cose non cambieranno granché. Finché questi player non capiscono che bisogna davvero investire in internet, bisogna veramente provare una rivoluzione totale, e farla non con un approccio di business attuale, ma farla con un approccio innovativo, sarà difficile che qualcosa si smuova. Non dimentichiamo che in Italia non esistono reali venture capital oltre 360. Bisogna quindi considerare che c'è anche un problema di tessuto. L'Italia non ha imprenditori internet. A Roma saremo in 2 o 3 imprenditori internet. A Milano ancora di meno, lì ci sono solo grandi gruppi. E' un mercato assolutamente molto indietro come sviluppo e come visione. GoAdv è un'azienda internazionale. L'Italia rappresenta il 15%/20% del fatturato. Non è core. E' uno dei Paesi importanti, abbiamo gli uffici per la parte Tecnologia e Prodotto, abbiamo delle risorse eccezionali, però il business non è italiano".
Infine, tre preferenze personali: il social network, il motore di ricerca e il portale di informazione ai quali si connette più spesso.
"Come social network, LinkedIn per lavoro e Facebook personale. A Small World purtroppo è morto, praticamente non lo uso più. Motore di ricerca, Google. Come siti di informazione tanti tra cui TechCrunch".