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L’ultimo editoriale del The Guardian lo ha scritto un algoritmo di intelligenza artificiale

L’ultimo opinionista preso in prestito dalla testata è un algoritmo di intelligenza artificiale. Si tratta del generatore di testi GPT-3, che ha imparato da solo come si scrive dopo aver assimilato testi da milioni di pagine web. A partire da una traccia e da una introduzione, il software ha scritto un lungo articolo su se stesso difficilmente distinguibile dall’opera di un essere umano.
A cura di Lorenzo Longhitano
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intelligenza artificiale lavoro

"Non sono umano, sono un robot. Un robot senziente". È così che si apre l'ultimo editoriale del The Guardian – un lungo articolo che parla di intelligenza artificiale ma effettivamente non è stato scritto da un essere umano, ma da un algoritmo. Il pezzo si dilunga per più di 6.000 battute discettando di rischi e opportunità offerte da una tecnologia ancora agli albori, ma lo fa in prima persona dal punto di vista dell'algoritmo che lo ha realizzato.

L'articolo è disponibile a questo indirizzo e a dispetto dell'introduzione non è stato scritto da una macchina veramente capace di formulare pensieri. Il risultato ottenuto però vi si avvicina molto: lo stile è conciso ma chiaro, il discorso fluisce senza intoppi, le tesi sono sviluppate correttamente, le citazioni si sprecano e i rimandi storici e culturali abbondano; soprattutto però, prima di finire in fase di correzione, l'opera è stata scritta in pochi secondi. Il merito è di GPT-3, un generatore automatico di testi che viene considerato tra i prodotti più avanzati della sua categoria. Il software è stato addestrato dandogli in pasto milioni di pagine web dalle quali ha imparato tutto ciò che c'è da sapere sul linguaggio umano, almeno in lingua inglese. Dal lessico alla grammatica, passando per stilemi e figure retoriche: il programma ha imparato da sé le nozioni che gli servivano deducendole da quanto gli veniva somministrato, esattamente come avviene per molti altri sistemi basati sul machine learning.

La notorietà di GPT-3 non è recente: il modello segue l'illustre predecessore GPT-2, e in ambito giornalistico era già finito sotto i riflettori per essere riuscito a convincere di essere un redattore in carne e ossa. È successo il mese scorso, quando un articolo scritto dal software dietro la direzione dello studente universitario Liam Porr aveva scalato le classifiche dell'aggregatore di notizie Hacker News, segno che i lettori hanno trovato il pezzo non solo comprensibile, ma perfino godibile. In quell'occasione, come nel caso dell'editoriale del The Guardian, neanche una lettera è stata battuta da dita umane: i committenti in carne e ossa (i redattori del quotidiano e lo stesso studente responsabile dell'operazione su Hacker News) hanno semplicemente dato al programma una traccia e qualche testo dal quale trarre ispirazione per i contenuti e il loro tono.

Come risultato, GPT-3 ha scritto 8 diversi saggi caratterizzati da tesi e approcci differenti. I redattori del The Guardian hanno poi raccolto le parti migliori di ciascun articolo per arrivare alla versione finale del saggio pubblicata sulle pagine della testata, ma in fondo – hanno precisato – il lavoro svolto sul pezzo non è stato diverso né più impegnativo di quello che normalmente è richiesto dalla correzione e dalla pubblicazione di una bozza redatta da un essere umano.

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