Mivar, la realtà delle TV italiane, chiuderà la produzione entro dicembre
La fine di una grande impresa azienda italiana, come lo è sempre stata la Mivar, non può che rendere conto della grave situazione che si sta vivendo odiernamente. La realtà tutta italiana produttrice dagli anni 60 delle televisioni vendute a basso prezzo è arrivata al capolinea e con essa forse anche il suo mentore, novantenne, Carlo Vichi.
La sua azienda ha cercato di rimanere a galla fino ad oggi nel duro mondo delle grandi TV a LED, a tecnologie ultra moderne e dalle manodopere a basso costo, ma per la prima volta dal 1945, la Mivar si prepara ad una svolta epocale. Tra poche settimane andranno ad esaurirsi le scorte della componentistica e quel momento non potrà che essere il momento della chiusura definitiva delle linee di produzione. Linee che erano state rinnovate proprio poco tempo fa quando l'azienda aveva cercato di porsi al passo con i tempi andando ad assemblare le Smart Tv con sistema operativo Android. Un cambiamento inutile che non era riuscito a risollevare le sorti della Mivar, dove ormai oggi lavorano solamente 60 operai, a differenza dei 900 degli anni 60.
Non posso più produrre televisori. Spendo 10 e posso vendere a 8. E poi la Mivar non fa più televisori da anni. Le migliaia di apparecchi che escono in questi anni dalla fabbrica sono semplicemente assemblati.
Carlo Vichi
Fino al prossimo 30 novembre sarà fattibile la cassa integrazione straordinaria per tutti i lavoratori e dopo quando finiranno le scorte dei componenti non ne saranno ordinate altre e la produzione potrebbe facilmente cessare già dai primi di dicembre. I sindacalisti della Cigl e della Cisl sono chiaramente al lavoro per gestire la loro uscita dall’azienda. La stragrande maggioranza dei dipendenti sono donne e l’età media si aggira sui 50 anni. Nel 2001, proprio l’anno in cui la nuova sede è stata completata, è cominciata la crisi, con la concorrenza spietata delle TV a LCD o a LED ed un sorpasso immane per le tv a tubo catodico. Oggi si parla di trattative per la cessione di alcuni spazi dello stabilimento in vista di Expo 2015 anche se il suo proprietario Vichi non è per nulla in accordo.