Non solo Trump, Facebook ha bloccato altri esponenti politici: ecco dove
Dopo il blocco a tempo indeterminato del profilo Facebook del presidente statunitense Donald Trump, il social network di Mark Zuckerberg ha agito contro gli account di altri due esponenti politici, anche se questa volta l'azione di limitazione è avvenuta in Uganda e in anticipo rispetto alle elezioni che si terranno nel Paese africano. Due rappresentanti del partito giovedì prossimo, il 14 gennaio. Secondo quanto riportato da AFP, il social network ha bloccato i profili di due rappresentanti governativi accusati di manipolare il dibattito pubblico allo scopo di interferire con il corretto svolgimento delle consultazioni.
Le accuse di Facebook
A essere finiti nel mirino dei moderatori di Facebook sono due alti esponenti del Movimento di resistenza nazionale NRM del presidente Museveni, che governa nel Paese dal 1986. La notizia è arrivata all'agenzia AFP direttamente da Facebook, e per la precisione dalla responsabile per le comunicazioni dell'Africa sub sahariana. I due account, ha riferito il social, facevano parte integrante di una rete di decine di profili impegnati in quella che i tecnici definiscono attività inautentica coordinata: la diffusione di una serie di notizie false e commenti provocatori inviati da più fonti ma pensati da un'unica regia per infiammare gli animi degli altri utenti o manipolarne il pensiero su temi scottanti.
Le reazioni del NRM
Questo tipo di attività non è infrequente sui social network: ne rappresenta una vera e propria piaga e non per niente è vietato dal regolamento di tutte le piattaforme più in voga. Non stupisce che Facebook – una volta accertate le violazioni – si sia mossa per punirle. Il fatto che nel provvedimento siano finiti coinvolti i profili di due personalità politiche ha però provocato le reazioni del partito colpito. Stando a quanto ha riportato dall'agenzia AFP, esponenti e simpatizzanti del Movimento di resistenza Nazionale hanno lanciato una controaccusa nei confronti di Facebook: l'azienda è stata tacciata di voler censurare le voci favorevoli al partito al potere e di voler contribuire a sostituire Museveni con un governo fantoccio; il leader dell'opposizione, dal canto suo, è stato accusato di essere la mente dietro alle azioni intraprese dal social.