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Offese su Facebook, la Cassazione: “È reato di diffamazione aggravata”

L’offesa su internet equivale alla diffamazione a mezzo stampa. In pratica, offendere qualcuno su Facebook è tanto grave quanto farlo sulle colonne piombate di un giornale. A far riaffiorare la questione è stata la prima sezione penale della Corte di Cassazione, che, in merito ad un conflitto negativo di competenza, è intervenuta sul tema della diffamazione tramite web.
A cura di Marco Paretti
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Facebook Diffamazione

L'offesa su internet equivale alla diffamazione a mezzo stampa. In pratica, offendere qualcuno su Facebook è tanto grave quanto farlo sulle colonne piombate di un giornale. A far riaffiorare la questione è stata la prima sezione penale della Corte di Cassazione, che, in merito ad un conflitto negativo di competenza, è intervenuta sul tema della diffamazione tramite web. Tutto è nato proprio da questo: un privato aveva denunciato un utente di Facebook a causa di un post denigratorio nei suoi confronti. Una situazione che aveva messo in difficoltà il giudice di pace: si era dichiarato incompetente, avanzando l'ipotesi di aggravante giornalistica di diffamazione, solitamente riservata alle offerte riportate sui giornali.

In questo caso il parallelismo tra social network e testate giornalistiche sarebbe dovuto alla "potenzialità, idoneità e capacità del mezzo utilizzato per la consumazione del reato a coinvolgere e raggiungere una pluralità di persone […] con ciò cagionando un maggiore e più diffuso danno alla persona offesa". Insomma, l'infinita rete di amicizie su Facebook rappresenterebbe un bacino di "lettori" così ampio da poter essere equiparato – almeno dal punto di vista della Cassazione – a quello di un giornale vero e proprio. A questo si aggiunge il fatto che, sempre secondo la Cassazione, "i reati di ingiurie e diffamazione possono essere commessi via internet" e che, di fatto, la norma che indica l'aggravante giornalistica cita anche "qualsiasi altro mezzo di pubblicità".

Così si arriva al parallelismo offesa 2.0/diffamazione a mezzo stampa, basato sull'enorme diffusione di Facebook che "ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone e, pertanto, di amplificare l’offesa in ambiti sociali allargati e concentrici". In questo modo la pena per diffamazione può raggiungere fino a 3 anni di carcere. Una decisione che ha già sollevato numerose polemiche, anche perché la Cassazione ha accomunato blogger e utenti del web a giornalisti proprio mentre il Parlamento sta cercando di eliminare l'aggravante – e quindi il carcere – per diffamazione a mezzo stampa.

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