PayPal sul palco de LeWeb ’10 per giustificare il boicottaggio di Wikileaks
Lo scorso 6 dicembre 2010, in seguito alla decisione da parte dello staff di PayPal di chiudere l'account di Wikileaks, i pirati informatici si sono abbattuti sul sito del colosso dei pagamenti online, lasciandolo down per oltre 8 ore. Inizialmente, il portavoce di PayPal aveva dichiarato che l'azione di chiusura permanente del conto si era resa necessaria perché Wikileaks aveva violato le condizioni di utilizzo, che impediscono di utilizzare PayPal per incentivare o promuovere attività criminali.
Ecco perché quando ieri, nel corso della prima di giornata di dibattiti dell'evento europeo LeWeb '10, il vice presidente Osama Bedier è salito sul palcoscenico, la stampa lo ha sottoposto ad un pressing estenuante fatto di domande, repliche, precisazioni, richieste di chiarimenti. Alla fine, Bedier è capitolato e ha dovuto ammettere che la decisione di chiudere l'account di Wikileaks è giunta in seguito al ricevimento di una lettera del dipartimento di stato USA, in cui si diceva che le attività portate avanti dal sito di Julian Assange erano considerate illegali e altamente lesive per la sicurezza degli Stati Uniti.
Gli obiettivi di tale missiva erano fin troppo chiari: far notare a PayPal che stava aiutando dei "nemici dell'America" a dirigere attacchi contro il paese, mettendo a rischio la sicurezza nazionale. A quel punto, dice Bedier, il colosso dei pagamenti online ha sentito di non avere altra scelta. Rispetto agli attacchi ricevuti in questi ultimi giorni, il vice presidente si è dimostrato sereno: "gli hackers hanno sempre colpito la nostra azienda, perché è la più importante nel settore dei pagamenti online, e stavolta non è diverso.
Il pubblico di LeWeb presente in sala, in ogni caso, non si è mostrato molto indulgente con le dichiarazioni di Bedier e -secondo quanto riportato da TechCrunch, media partner dell'iniziativa- è stato fischiato sonoramente. In ogni caso, la fila dei "traditori" della libertà di informazione va ingrossandosi. E persino Twitter sta portando avanti dubbie operazioni censorie, escludendo gli aggiornamento di Wikileaks dai topic trends e sospendendo l'account #anon_operation, da cui i pirati informatici dell'Operation Payback informavano gli utenti delle loro attività.
A quanto pare, tra i grandi del web resta in piedi solo Facebook, la quale ha recentemente dichiarato che non intende agire in alcun modo nei confronti del profilo di Wikileaks. Staremo a vedere se almeno Zuckerberg saprà tenere testa alle pressioni istituzionali.