La risposta di Apple, Microsoft e Google alle richieste del governo statunitense è chiara: la privacy degli utenti viene prima di tutto, anche delle indagini condotte dalle autorità degli Stati Uniti. Una presa di posizione decisa che quindi risponde picche a governo ed FBI che avevano chiesto di accedere ai dati relativi ad alcuni utenti coinvolti in inchieste giudiziarie. La decisione sarà discussa domani in tribunale, ma lo scontro dei colossi del settore della tecnologia con il governo americano sta già facendo parlare di sé in queste ore, anche perché il dibattito sulla privacy è sempre spinoso.
Lo è fin dalle rivelazioni di Edward Snowden e da tutto il Datagate che ne è derivato. La questione è peraltro estremamente complessa, perché il governo è consapevole dell'enorme mole di informazioni personali possedute da aziende come Facebook e Google, le quali potrebbero costituire importanti strumenti nella lotta alla criminalità. Elemento che però andrebbe in contrasto con la privacy degli utenti coinvolti, i cui dati sarebbero accessibili in modalità non esattamente trasparenti. È proprio su questo punto che le aziende basano il loro rifiuto a collaborare con le autorità: le tutele per i clienti non sono abbastanza.
L'ultimo rifiuto in questo senso è arrivato da Apple, che proprio ieri sera ha annunciato l'arrivo della nuova linea di iPhone 6S e 6S Plus. Il dipartimento di giustizia e l'FBI avrebbero chiesto all'azienda di Cupertino alcune informazioni relative a diverse conversazioni tra indagati avvenute attraverso iMessage, il servizio di messaggistica integrato all'interno dei dispositivi della mela. "Apple non ha modo di decriptare le conversazioni di iMessage e Facetime quando sono in transito tra i dispositivi" ha risposto l'azienda, pubblicando una nota sul suo sito ufficiale.