Salvo Mizzi: la filosofia di Internet
Salvo Mizzi, laureato in filosofia, una lunga esperienza in pubblicità, pioniere di internet in Italia, è stato fondatore e presidente di MyTv, oggi è responsabile in Telecom Italia di "internet media & digital communication".
La tua carriera è molto interessante. Che importanza ha avuto nella tua formazione la laurea in filosofia?
Fondamentale, perché mi ha abituato a interrogarmi sempre sul senso delle cose che si progettano, senza lasciarmi distrarre dalla cosmetica del momento. La filosofia ti spinge a ragionare sulle strutture portanti e a proiettarle nel tempo, è una scuola di business senza eguali. Ho studiato proprio a Napoli, una scuola storica e filosofica magnifica, Aldo Masullo, Aurelio Lepre, Marotta e Eugenio Mazzarella e molti altri ancora sono stati maestri appassionanti e indimenticabili.
Come sei passato dalla filosofia all’adv?
Direi per caso, incontri, circostanze, persone. E poi tieni conto che oltre alla filosofia mi animava una certa specializzazione nella cultura e nella letteratura americana. L’essenza di questa cultura è autonomia, sperimentazione, confronto con il mercato e indipendenza: ecco ciò che mi ha attratto e spinto verso l’adv.
L’esperienza in Young e Rubicam ti ha dato molte soddisfazioni. Quale è stata la più grande?
Tutta la mia esperienza pubblicitaria dagli esordi in BBDO a Roma, passando per Pasquale Barbella, Armando Testa e Young & Rubicam è stata ricca di soddisfazioni, scoperte, sfide, esplorazioni. La pubblicità mi ha permesso di guardare le cose da un nuovo punto di vista, non più quello dell’essere, ma quello del divenire. In più è stata una scuola molto divertente.
Quando sei venuto per la prima volta in contatto con il medium internet, quando hai capito le sue potenzialità e come le hai sfruttate?
A metà degli anni novanta, durante una delle tante nottate che si usa fare in pubblicità per la consegna delle campagne. Nel rush finale mi trovai a navigare e scoprii una directory di webcam accese sulle città del mondo. Così mi guardai il tramonto a san diego e cominciai a sognare in internet time. Da allora non ho più smesso.
Mytv è stata la prima webtv italiana: come è nata l’idea e come sei riuscito a coinvolgere i grandi gruppi editoriali nella realizzazione di un progetto pioneristico per l’epoca?
L’idea nacque dalla sensazione che la dimensione video avrebbe presto dominato il web con l’avvento sia pure ancora lontano della larga banda. E dalla considerazione che l’Italia non aveva il cable e internet avrebbe in parte risolto questa mancanza. Inoltre, la necessità di capire il fenomeno internet era forte nei grandi gruppi, così fu abbastanza semplice mettere insieme una cordata interessante.
Il modello di business di Mytv è passato nel tempo da business to consumer a business to business. A cosa è stato dovuto questo cambio di rotta?
Purtroppo Mytv ha chiuso i battenti a fine marzo di quest’anno, ed io ne so poco dei suoi ultimi anni. Ho lasciato la società nel 2005 e venduto le mie quote nel 2007, per quello che mi riguarda non avrei certo mai lasciato il B2C per il B2B proprio negli anni della crescita più impetuosa dell’adv online.
Il successo di Mytv è dovuto al taglio irriverente, dato in particolare da gino il pollo, o perché il pubblico iniziava a stancarsi della solita tv a palinsesto?
Mah, è stata una alchimia strana, per molti versi irripetibile. Molti talenti, molta curiosità, molta ricerca. E anche fortuna: quando si ha la possibilità di cercare, qualcosa si trova. La leva principale è stata certamente l’incontro con Andrea Zingoni e la creazione di Gino il Pollo. Ma anche e sempre la capacità di creare un brand dal nulla in pochissimo tempo e l’intuizione di definire una identità editoriale che mancava nel paesaggio mediatico di allora. Una creatura spettinata e forte, con i denti saldamente piantati nell’attualità e nella Rete.
Nel 2005 sei diventato advisor multimedia di Tim: raccontaci questa nuova fase della tua carriera.
Sono entrato in questi nuovi abiti con la missione di innovare e tentare nuove strade. Il mondo tlc non mi era particolarmente familiare, ma in fondo anche il mondo dei contenuti web aveva difficoltà a ragionare entro logiche di larga scala. Il problema comunque era dare alla gente quello che voleva e ciò che realmente serviva. Così in quegli anni matura l’abbandono del walled garden, delle pillole televisive generaliste, e riusciamo a definire i primi grandi accordi con i player internet: google, youtube, eccetera. Riuscimmo anche a siglare un accordo allora oscuro, per Google Phone e Android, ricordo perfettamente che esperti dei più classici si opponevano fieramente con la motivazione che nel mobile internet “tanto avrebbe vinto Microsoft”.
Working capital di Telecom Italia è un progetto che lancia messaggi positivi: ci stiamo avviando verso la Silicon Valley italiana?
L’Italia non è e non potrà mai essere la Silicon Valley. Storia, cultura, risorse, la rendono oggettivamente una chimera. Quello che possiamo però provare a fare è questo: sostenere e lanciare una cultura dell’innovazione e del fare che riesca a dare una spinta decisiva al nostro paese. Poi ancora: esplorare il nuovo, favorire il ricambio generazionale, usare la Rete per modernizzare e per tradurre i sogni in realtà. Mi sembra molto.
Quali sono le opportunità che può ancora dare internet oggi?
Ci sono grandissime opportunità, da cui ci separano soltanto ignavia, burocratismo, interdictory management e pigrizia. Due i campi di battaglia: quello globale, in cui da ogni territorio può venir fuori la grande applicazione world-scale; quello locale, perché la nuova internet ha frantumato la cortina che separava virtuale e reale e nel rapporto con la realtà quotidiana può vincere anche un player locale. Vi piace questa, vero?
E' proprio quello che ci auguriamo. Ciaopeople ha adottato un modello di business che si basa sull’adv online, ma che ora è colpito fortemente dalla crisi. Che margini di recupero offre in questo periodo il web rispetto ai mercati tradizionali?
Tenete duro, l’adv online cresce pur sempre a due cifre, la crisi non durerà a lungo, e poi magari vi stanno arrivando i rinforzi.
Definisci il web 2.0.
Non vi è bastato Tim O’Reilly? Propongo questa: mentre il web 1 è stato costruito secondo la metafora della macchina e della mimesi della realtà effettiva, il web 2 si è autocostruito secondo la metafora della mente, e come tale pensa e si organizza in parte autonomamente da noi umani.
In dieci anni hai fatto molta strada e molti lavori: come ti vedi tra altri dieci?
Tornerò verso il mondo dei contenuti e delle forme espressive e creative, che è il mio ambiente originario. A volte mi manca.
Quale è la pagina iniziale del tuo browser?
G-mail.
Quali sono i tre siti di cui non puoi fare a meno ogni giorno?
Twitter, Facebook, Google – per questo abbiamo ancora molte battaglie da fare. Bisogna ripopolare la Rete.