Scambiato per un ladro, ora vuole un miliardo da Apple: ecco perché
Un miliardo di dollari: è la cifra chiesta ad Apple come risarcimento da Ousmane Bah, un giovane studente statunitense che negli scorsi mesi è stato ingiustamente accusato dalla casa di Cupertino di aver effettuato una serie di furti ai danni di diversi Apple Store in varie città degli Stati Uniti. L'accusa ha portato a un arresto in piena notte, durante il quale gli agenti della polizia incaricati dell'operazione si sono però immediatamente accorti che la foto identificativa che accompagnava il mandato non corrispondeva alle fattezze del ragazzo.
Accusa e controaccusa
Rivedendo i filmati delle telecamere di sorveglianza e constatando che il giovane aveva alibi per la maggior parte dei crimini che gli sono stati contestati, le accuse sono cadute in fretta: la figura ritratta nelle registrazioni non poteva essere la stessa messa in custodia. Per questo motivo — nel corso della causa intentata da Bah nei confronti di Apple — sta emergendo l'ipotesi che la casa di Cupertino abbia utilizzato dei sistemi di riconoscimento facciale per risalire al suo sospettato, ma che qualcosa sia andato storto nel procedimento.
L'equivoco
Da una parte infatti Apple sembra essere risalita a Bah posizionandolo con precisione nei luoghi dei furti, ed era tanto sicura della sua identità da averne fornito la foto (poi rivelatasi errata) alle forze dell'ordine. Dall'altra parte Bah ha ammesso di aver perso il proprio foglio rosa, privo di fotografia ma contenente tutti i suoi dati anagrafici, nei mesi precedenti all'arresto. La tesi dell'accusa è che il vero ladro abbia in almeno una occasione sfruttato il foglio rosa di Bah come documento di identità all'interno di uno degli Apple Store poi derubati, e che un software di riconoscimento facciale in azione sul sistema di sorveglianza dei negozi abbia da quel momento abbinato il volto del ladro all'identità di Bah, localizzando così quest'ultimo nei luoghi dei furti mentre in realtà non c'era.
La posizione di Apple
La società guidata da Tim Cook è già intervenuta sulla vicenda dichiarando di non utilizzare software di riconoscimento facciale all'interno dei suoi negozi, ma come sospetta The Verge le cose potrebbero essere andate solo di poco diversamente. Al banco degli imputati accanto ad Apple presenzia infatti anche l'azienda che per conto della casa di Cupertino ha creduto di aver identificato correttamente il sospettato: potrebbe essere stata quest'ultima ad aver visionato i filmati ed effettuato le operazioni di riconoscimento facciale poi andate storte — solo dopo i misfatti e rigorosamente al di fuori dei negozi Apple.