Se credi alle bufale che girano su Facebook, ti meriti la chiusura dell’account
Da domani tutti i contenuti pubblicati su Facebook diventeranno pubblici, anche quelli già cancellati dagli autori. È la nuova bufala che impazza su Facebook e che ha mietuto migliaia e migliaia di vittime nel giro di poche ore, corredata dall'immancabile lista di riferimenti normativi infilati l'uno dietro l'altro senza alcun senso logico: "Se la GUARDIA DI FINANZA consiglia di pubblicarlo sulla propria pagina, un motivo ci sarà…Tutto quello che avete postato diventa pubblico da domani. Anche i messaggi che sono stati eliminati o le foto non autorizzate. Non costa nulla per un semplice copia e incolla, meglio prevenire che curare. Canale 13 ha parlato del cambiamento nella normativa sulla privacy di Facebook. ATTENZIONE: Con questa dichiarazione non concedo a Facebook (e/o agli enti associati ad esso) il permesso di usare le mie immagini, informazioni o pubblicazioni, sia del passato che del futuro. Con questa dichiarazione, ricordo a Facebook, che è severamente vietato divulgare, copiare, distribuire o intraprendere qualsiasi altra azione in riferimento a questo profilo e/o al suo contenuto. Questo profilo contiene anche informazioni private e riservate. La violazione della privacy può essere punita dalla Legge (UCC 1- 308 -1 1 308-103 statuto di ROMA). Nota: Facebook è ora un azienda pubblica, per cui tutti i membri (per tutelarsi) dovrebbero pubblicare quanto scritto, sul proprio profilo. Non pubblicando questa dichiarazione, per ‘silenzio/assenso', si permetterà l'uso delle foto, delle informazioni e di tutti i contenuti degli ‘aggiornamenti di stato' del profilo. NON CONDIVIDERE !.. Copia e incolla", recita il testo condiviso da una moltitudine di persone su Facebook.
Di pari passo, i post pubblicati dagli utenti più pratici, che ironizzano sui niubbi caduti nell'ennesima trappola, non si contano. Insomma, rimanere seri di fronte a persone che si bevono qualsiasi panzana leggano su Facebook o trovino nell'Internet è difficile. Passi per le persone anziane che magari si sono appena iscritte a Facebook spinte dalle richieste di figli e nipoti, passi anche per le casalinghe di Voghera che non hanno conoscenza del mezzo e delle normative esistenti in materia di privacy, ma a pubblicare quel post sgrammaticato e infarcito di riferimenti a inesistenti legislazioni sono un preoccupante numero di persone più o meno giovani, professionisti, perfino avvocati e studenti di informatica giuridica, come rilevato dal famoso post del professor Saraceni pubblicato nel 2014. Da mettersi le mani nei capelli, c'è poco da scherzare.
Non solo la bufala "normativa", che potrebbe trarre in inganno gli utenti meno esperti o attenti, ma che dire allora delle centinaia di migliaia di persone che credono realmente che Apple possa regalare un iPhone a chi commenti un post scrivendo semplicemente il colore del terminale desiderato? iPhone, viaggi a Disneyland, macchine, computer, buoni sconto da migliaia di euro, il campionario di questo tipo di bufale è vastissimo e gli utenti che cascano nella rete dei burloni del web sono decisamente tanti, troppi e talvolta insospettabili.
Come ha correttamente rilevato un amico rimasto sconvolto dall'incessante condivisione di questa bufala da parte di persone che si suppone dovrebbero conoscere bene la materia, "ma tu ti faresti mai difendere da un avvocato che crede a questo tipo di appelli?". No, certo che no. Ma addirittura, rilancio: io a queste persone – sono terribilmente cattiva, lo so – chiuderei account Facebook e taglierei la connessione internet, perché semplicemente un utente che non è in grado di distinguere la realtà dalla fantasia – soprattutto quando è così clamorosamente palese da non necessitare nemmeno di uno sforzo cerebrale così eccessivo per cogliere la differenza – e che, nonostante abbia a disposizione internet, non è in grado di fare una brevissima ricerca per fugare ogni dubbio, insomma, per me queste persone qui non si meritano di occupare banda inutilmente, la quale potrebbe essere utilizzata da persone ben più meritevoli e per scopi assolutamente più nobili, come ad esempio navigare su Pornhub.
Ancor di più questa sanzione dovrebbe valere per quelle persone che nel momento in cui vengono informate di essere state fregate dall'autore dell'ennesima catena di Sant'Antonio, più e più volte debunkata da migliaia di utenti, non solo rimangono della propria idea, ma si offendono e cancellano dagli amici il povero sventurato che ha cercato di farli rinsavire. Il più delle volte, poi, quando trovano dei post che perculano il loro essere imbecilli, si risentono e commentano piccati domandando: "Ma tu ti senti tanto superiore a me, che son cascato nella bufala?". La risposta non può che immancabilmente essere "assolutamente sì, senza ombra di dubbio", non tanto per sfoggiare un malcelato senso di superbia, quanto più per far capire al povero beffato di turno che se nemmeno davanti all'evidenza, nemmeno davanti a centinaia e centinaia di post che debunkano la notizia, ti rendi conto dell'errore e chiedi scusa, ma anzi rincari la dose cercando di far passare dalla parte del torto chi ti fa notare che sei cretino, beh allora ti meriti tutto il perculamento del Web, senza alcuna remora. Come soleva dire uno dei più grandi filosofi contemporanei, Gianfranco Funari, il punto della questione è uno: "Se uno è stronzo, non gli puoi dire che è stupidino, je devi dì che è stronzo". Punto, fine.
Insomma, io per questo tipo di utenti qui propongo la patente a punti per l'uso consapevole dell'Internet: se cadi troppo spesso nelle trappole del web e nulla riesce a redimerti, ti viene revocata e torni a scrivere con carta e penna e a mandare fax perché, parafrasando una canzone del buon Alberto Fortis, "sei troppo stupido per poter navigare".