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Secondo una sentenza della Cassazione, spacciarsi per un’altra persona in chat è reato

Il nickname farà parte della giurisdizione e varrà in caso di denunce di sottrazione di identità anche digitali.
A cura di Bruno Mucciarelli
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Dura vita a tutti coloro che hanno intenzione di prendere le sembianze di personalità digitali di un'altra persona, magari per intraprendere una conversazione in una determinata chat. La Cassazione ha infatti deciso che tutti i trasgressori o ritenuti tali potranno incorrere una vera e propria condanna.

Ciò è avvenuto ad una donna, condannata, per aver esternato il numero di telefono cellulare della sua ex datrice di lavoro, con la quale aveva in corso una causa civile, direttamente in una chat. La divulgazione incognita per la proprietaria del numero ha fatto sì che la stessa abbia iniziato a ricevere telefonate nonché messaggi di persone interessate a incontri erotici, apostrofandola con insulti ed inviando anche messaggi multimediali con allegate immagini porno. Una situazione che ha subito fatto scattare la giurisdizione e che è stata presa in carico proprio per trovare una soluzione per il futuro.

Non può non rilevarsi al riguardo che il reato di sostituzione di persona ricorre non solo quando si sostituisce illegittimamente la propria all'altrui persona, ma anche quando si attribuisce ad altri un falso nome o un falso stato ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, dovendosi intendere per ‘nome' non solo il nome di battesimo ma anche tutti i contrassegni di identità.

I giudici della Cassazione

Da tenere conto però anche di tali contrassegni che riguardano i cosiddetti nicknames o soprannomi utilizzati nelle comunicazioni via internet che attribuiscono una identità virtuale, in quanto destinata a valere nello spazio telematico del web, la quale tuttavia non per questo è priva di una dimensione concreta, non essendo revocabile in dubbio che proprio attraverso di essi possono avvenire comunicazioni in rete idonee a produrre effetti reali nella sfera giuridica altrui, cioè di coloro ai quali il ‘nickname' è attribuito. Proprio il soprannome nel caso in cui possa essere ricondotto in modo esplicito alla persona fisica assume lo stesso valore dello pseudonimo ossia di un nome di fantasia che implica quindi il reato di sostituzione di persona previsto dall'articolo 494 del Codice Penale.

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