Spotify sbarca in Borsa con una IPO da 1 miliardo di dollari
Spotify è ormai pronta a sbarcare a Wall Street. Le voci che ad inizio anno davano come imminente questo importante passaggio hanno trovato conferma nella presentazione della documentazione necessaria, la F-1, presso la SEC (la Consob italiana) per entrare nel listino della New York Stock Exchange (NYSE) con il ticker SPOT. Questa di Spotify da tempo si annuncia come una delle IPO più attese, la società del servizio di musica in streaming on demand ha un valore di mercato che oscilla tra i 17 e i 20 miliardi di dollari e con lo sbarco a Wall Street l'azienda co-fondata da Daniel Ek, che ricopre il ruolo di CEO, punta a raccogliere 1 miliardo di dollari. E si parla di una IPO "non convenzionale", nel senso che l'azienda sfrutterà la "quotazione diretta" per la sua raccolta, non ci sarà quindi il classico "road show" e la successiva determinazione del prezzo. Infatti la quotazione dei titoli rifletterà l'andamento degli ordini di acquisto e vendita. L'approdo a Wall Street potrebbe avvenire il prossimo 26 marzo.
Per Spotify è giunto il momento del grande passo, momento atteso ormai da almeno un paio di anni. La piattaforma può contare su una base utenti di circa 159 milioni di utenti globali, di cui 70 milioni gli utenti paganti. Ad affiancarla in questa fase ci sono banche come Morgan Stanley, Goldman Sachs e Allen & Co. e Spotify, proprio per aver scelto la modalità della "quotazione diretta", potrebbe risparmiare milioni di dollari di commissioni verso i suoi advisor.
Nell'ultimo anno Spotify ha realizzato ricavi per 4 miliardi di euro (quasi 5 miliardi di dollari), facendo segnare però una perdita netta di 1,2 miliardi di euro (1,5 miliardi di dollari), e sono raddoppiate rispetto al periodo 2015/2017. Nella documentazione Spotify indica di aver pagato, nel corso del 2017, 9,77 miliardi di dollari per i diritti, segnalando di aver contribuito alla crescita delle revenue legate al consumo di musica, che aveva toccato i minimi nel 2015.
Nel corso di questi ultimi due o tre anni Spotify ha comunque faticato a trasformare in profitti quelli che sono stati i margini derivanti dal mercato dello streaming, tenendo bene in considerazione in fatto che il grosso dei ricavi serve al pagamento delle licenze musicali agli editori. L'azienda nel corso di questi ha provato a diversificare per trovare nuove modalità di ricavi con cui coprire i costi derivanti dalle licenze, ma senza successo. Resta quindi cruciale lo sbarco a Wall Street che potrebbe segnare un cambio di percorso. Nell'annunciare la presentazione dei documenti, Spotify precisa comunque di aver concesso dei certificati-azioni per i suoi fondatori Daniel Ek e Martin Lorentzon, concedendo loro 41,7 milioni di azioni, ovvero circa il 23,8 percento dell'azienda.