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TikTok risponde alle accuse USA: “Non censuriamo contenuti per la Cina”

Alcuni membri del Congresso USA hanno lanciato a TikTok accuse di collusione con il governo cinese. La società che sviluppa il software ha risposto negando ogni addebito, mentre la vicenda inizia ad assumere connotati simili a quelli dello scontro tra Stati Uniti e Huawei che non si è ancora risolto.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Dopo l'eclatante (e tutt'altro che risolto) caso di Huawei, il governo degli Stati Uniti potrebbe aver trovato un'altra azienda cinese sulla quale riversare i propri sospetti di collusione con il governo locale: si tratta della casa di produzione software Bytedance, che possiede e porta avanti lo sviluppo della piattaforma di condivisione video TikTok. Gli attacchi — provenienti da membri del Congresso USA come il democratico Chuck Schumer e i repubblicani Marco Rubio e Tom Cotton — si sono fatti talmente insistenti che nella giornata di ieri la società ha dovuto rispondere loro con un comunicato.

Le accuse a TikTok: privacy a rischio e censura

Le accuse formulate all'unisono da alcuni senatori democratici e repubblicani ricordano in parte quelle rivolte a Huawei: TikTok sarebbe sostanzialmente sottoposta al controllo o all'influenza del governo cinese, un fatto che potrebbe un giorno costringerla a fornire alle autorità Pechino i dati caricati dagli utenti e dunque metterebbe in pericolo la privacy di questi ultimi. Non solo: secondo i senatori USA la piattaforma sarebbe talmente in linea con il governo locale da essere disposta ad assecondarlo completamente in fatto di censura, eliminando proattivamente dai suoi server i video che trattano temi scottanti come le proteste di piazza Tienanmen o quelle più recenti di Hong Kong.

La risposta di TikTok

ByteDance e TikTok hanno respinto tutte le accuse. Per quel che riguarda la sicurezza dei dati, il gruppo ha assicurato che in realtà le informazioni caricate dagli utenti statunitensi sono tutte stoccate all'interno di server su suolo USA, con unità di backup a Singapore: i data center non sono dunque soggetti alla legge cinese. Sulle accuse di censura la società ha invece affermato di non avere mai ricevuto richieste di rimozione dei contenuti dal governo cinese, ma che anche se questo fosse successo non avrebbe comunque obbedito alle richieste; il team incaricato di moderare i contenuti lo fa secondo criteri statunitensi e l'app in Cina non è neppure disponibile. Di fatto in patria TikTok è sostituita da Douyin, una replica molto simile ma separata da TikTok: opera su server locali, è soggetta alle leggi cinesi e non può essere difesa allo stesso modo dalle accuse USA.

Un altro scontro USA contro Cina

Non è ancora chiaro se il governo statunitense deciderà effettivamente di indagare su TikTok come chiesto da Schumer e Cotton; in ogni caso Bytedance non sarà sicuramente l'ultima azienda tecnologica cinese ad attirare l'attenzione dei Paesi occidentali: l'influenza della Cina nel settore tecnologico del resto è destinata a farsi sempre più forte nei prossimi anni — non solo in campo hardware, ma anche nel software e nei servizi. Huawei ha surclassato tutti i produttori di smartphone, così come TikTok sta incollando allo schermo milioni di utenti in tutto il mondo e minacciando un colosso come Facebook; lo stesso Mark Zuckerberg ha sventolato lo spauracchio cinese anticipando (proprio al Congresso) che se il suo progetto Libra non dovesse andare in porto in tempi brevi potrebbe essere la Cina a lanciare per prima una sua criptovaluta globale. Difficile a questo punto capire se alla base delle prossime mosse degli Stati Uniti ci siano preoccupazioni legittime o il timore di perdere il proprio ruolo di leadership tecnologica nel mondo, oppure se entrambe le cose siano legate tra loro.

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