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Twitter alle mercé di Putin e della Russia che censura il web

Putin e Twitter sembrano aver trovato una collaborazione speciale sulla censura dei tweets. Trasparenza e libertà messa ancora da parte in questi paesi.
A cura di Bruno Mucciarelli
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La libertà di espressione non ha valore nei paesi della Russia di Putin. Un bilancio sempre più difficile quello dei siti web entrati a far parte della lista nera della censura governativa. E dopo Lurkmore, chiuso in modo perentorio dalle autorità di Putin, ecco giungere oggi la conferma di una forte collaborazione, forse obbligata, tra il governo e il social network del momento, Twitter.

Una collaborazione quanto mai forzata, fondamentalmente voluta da una sola parte, quella di Putin, ma accettata anche dai dirigenti di Twitter per una durevole e inevitabile sopravvivenza del social in quei paesi. Il Moscow Times ha riferito, proprio la scorsa settimana, il vero e proprio blocco da parte degli addetti ai lavori di Twitter, di qualsiasi  messaggio cinguettante voluto fortemente dal Cremlino. Oltretutto lo stesso social network ha dovuto anche eliminare più di un account di alcuni utenti su richiesta esplicita dello stesso governo di Putin.

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Sul suo sito web governativo ufficiale, noto con l'acronimo di Roskomnadzor, il Cremlino loda la gestione del team per il suo "atteggiamento costruttivo" permettendo di configurare il mondo web russo in modo "accettabile per i cittadini." La lista dei siti Web considerati “nocivi” è stata approvata a luglio dal Cremlino e resa operativa lo scorso novembre sul sito zapret-info.gov.ru. Lo scopo dichiarato è quello di aiutare le autorità a individuare e bloccare i siti contenenti pornografia infantile, materiale su droghe e dettagli su come suicidarsi. Nelle prime 24 ore di attività del registro sono state raccolte 5.000 denunce per contenuti offensivi, ma il 96% di esse sono state respinte. L’idea di dare vita ad un web senza contenuti pericolosi e offensivi, comunque, non ha mai convinto l’opposizione e le associazioni per i diritti umani, che vedono questa lista come un potente strumento per oscurare tutti i siti di opposizione, limitando così la libertà di informazione dopo il reinsediamento al Cremlino di Putin.

Nella lista del Cremlino è stata citata in giudizio anche YouTube a causa delle richieste similari a quelle fatte per Twitter. L'agenzia governativa ha cercato di mettere sotto completo controllo Google ed il suo aggregatore di video con restrizioni che impedivano di visualizzare materiale anche di semplice intrattenimento. Mentre Google però sta apparentemente combattendo contro il divieto e le restrizioni, Twitter ha adottato un approccio molto diverso acconsentendo in modo parziale a ciò che il Cremlino vuole.

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