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YouTube, la Cassazione: “Utilizzarlo per ricattare è reato”

Utilizzare il popolare portale di video online YouTube per ricattare un’altra persona è reato. Lo ha sottolineato la Cassazione, specificando che il reato di violenza privata scatta nel caso in cui un terzo in possesso di materiale video/fotografico intimo minacci la vittima presente in questi contenuti.
A cura di Marco Paretti
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Utilizzare il popolare portale di video online YouTube per ricattare un'altra persona è reato. Lo ha sottolineato la Cassazione, specificando che il reato di violenza privata scatta nel caso in cui un terzo – può essere l'ex fidanzato o un'altra persona – in possesso di materiale video/fotografico intimo minacci la vittima presente in questi contenuti. Non è possibile, spiega la Cassazione, intimare ad altri di fare qualcosa minacciando di pubblicare su YouTube filmati che lo ritraggono in situazioni imbarazzanti, sia che queste immagini siano state rubate sia che siano state filmate con il consenso della vittima.

Violenza privata che, in caso di pubblicazione di questo materiale su YouTube, si aggrava con una condanna per violazione della privacy. Una decisione che peraltro va a colpire anche i video non elencati, quelli, cioè, che non appaiono né all'interno della ricerca di YouTube né in quella di Google. Sono, insomma, i video pubblicati sul portale che possono essere condivisi privatamente attraverso un link. Anche in questo caso la Cassazione specifica che il video non pubblico non costituisce una difesa valida. La decisione è stata presa in merito all'appello di Andrea C., un 30enne calabrese che il 18 marzo 2004 è stato condannato dalla Corte d'Appello per violenza privata e violazione della privacy.

La condanna riguardava proprio il fatto che l'imputato ha costretto Silvia S. a mantenere i contatti con lui, pena la pubblicazione di un video dove lei appariva in situazioni imbarazzanti. Il video, poi pubblicato su YouTube, ha portato alla condanna del ragazzo, peraltro aggravata dal fatto che in uno scambio di email la avvertiva che la diffusione del video l'avrebbe rovinata per sempre. La Cassazione ha respinto sia la difesa riguardante il caricamento del video ("ha limitato la capacità di autodeterminazione della ragazza tenendola sotto scacco") che quella relativa al fatto che il filmato non fosse elencato, perché il contenuto era comunque stato "inserito all'interno del circuito YouTube".

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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