Le nuove politiche di YouTube in merito ai contenuti suprematisti, non più accettati all'interno della piattaforma, hanno portato ad una situazione paradossale dove ad essere colpiti non sono solamente i canali che pubblicano contenuti d'odio ma anche quelli di giornalisti e attivisti che documentano casi di abuso a scopo educativo o giornalistico. Una situazione che di certo non giova alla già complessa posizione di YouTube in merito a contenuti che nel corso degli ultimi anni sono diventati una vera e propria spina nel fianco per il colosso americano.
Le strette sui contenuti suprematisti sono iniziate questa settimana, quando YouTube ha annunciato di volersi muovere in maniera più decisa contro chi pubblica video estremisti e violenti sulla sua piattaforma. Nel mirino sono finiti i contenuti "che basandosi sul concetto di superiorità di un gruppo giustifichi discriminazione, segregazione o esclusione basandosi su attributi come età, genere, etnia, casta, religione, orientamento sessuale o prestazione di servizio militare", ma anche le bufale, l'incitamento all'odio e i contenuti che non violano inequivocabilmente le regole ma che giocano sulle ambiguità di queste ultime per evitare conseguenze dirette.
Da qui è però nato un equivoco: YouTube ha cominciato ad applicare queste nuove misure anche ai canali che documentano con scopi educativi o giornalistici episodi di abuso o violenza. Così a finire nel fuoco incrociato di YouTube sono finiti, tra gli altri, un canale educativo di un insegnante di storia, il giornalista Ford Fischer e un video caricato dal Southern Poverty Law Center. Nel caso del giornalista, per esempio, a finire nel mirino di YouTube è stata tutta la sua libreria di video, compreso un reportage sulla marcia di estrema destra di Charlottesville del 2017. Sono bastati pochi minuti dall'annuncio di YouTube per portare alla demonetizzazione dei video del giornalista – e di molti altri canali simili – e alla rimozione di alcuni video. Senza possibilità apparente di appello.