Ddl Diffamazione, ok dal Senato: via il carcere ma previste multe pesanti
Qualche settimana fa il Senato aveva ripreso a discutere del Ddl Diffamazione, approvato alla Camera più di un anno fa. I lavori in aula sono andati avanti e ieri con 170 voti a favore, 47 astenuti e 10 contrari ha approvato il ddl. Il Senato ha quindi accolto una serie di emendamenti che hanno in sostanza modificato il testo che era stato approvato alla Camera. E alcuni degli stessi emendamenti hanno eliminato la pena carceraria per giornalisti, sostituendola con una pena pecuniaria più pesante.
La novità quindi, che contiene il Ddl approvato è che sparisce il carcere per i giornalisti. La pena viene sostituita con una multa di 10 mila euro. E grazie ad un emendamento del MoVimento 5 Stelle la misura vale anche per i giornalisti delle testate giornalistiche e potrebbe arrivare a 50 mila euro nel caso in cui nel caso in cui si dimostri la consapevolezza della falsità della notizia stessa. Una consolazione che vale poco in sostanza perchè mentre il senatore Casson (PD) aveva chiesto la depenalizzazione, l'aula invece si mostra a favore del reato e associa ad essa anche una rettifica, da pubblicarsi entro due giorni, "senza commento, senza risposta, senza titolo ". E questo meccanismo vale per tutti: quotidiani, periodici, agenzie di stampa, testate giornalistiche online.
Resta il provvedimento che va sotto l'etichetta dell'ormai noto "diritto all'oblio" anche se va specificato che questo non c'entra nulla con il tema della Diffamazione che all'articolo 3 del Ddl prevede che l'interessato può chiedere l'eliminazione, dai siti internet e dai motori di ricerca, dei contenuti diffamatori o dei dati personali trattati in violazione di disposizioni di legge". Inoltre, in caso di "morte dell'interessato gli eredi possono esercitare lo stesso diritto".
Tra i tanti emendamenti approvati da segnalare anche quello che scoraggia le querele temerarie. La modifica, a firma di Felice Casson prevede che, su richiesta del convenuto, il giudice, con la sentenza di rigetto, possa condannare al pagamento di una somma in via equitativa chi ha agito in sede di giudizio in malafede o con colpa grave. Allo stesso modo, il giudice può condannare ad un risarcimento "equitativo" il querelante, se risulta la temerarietà della querela.
Nella versione del Ddl approvata al Senato, il direttore o il suo vice non rispondono più "a titolo di colpa" a meno che il delitto non sia conseguente alla violazione dei doveri di vigilanza della pubblicazione. La pena è comunque ridotta di un terzo, mentre è esclusa la pena accessoria dell'interdizione dalla professione.
Il testo approvato ora tornerà nuovamente alla Camera per procedere all'approvazione definitiva.