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Offende l’ex capo su Facebook, Tribunale di Livorno la condanna per diffamazione

Secondo i giudici i social network sono diventati ormai così diffusi da “essere paragonabili ad un giornale”, anzi la pubblicazione su questo tipo di piattaforme è un”aggravante in quanto mezzo pubblicitario”. Una sentenza che sicuramente farà discutere.
A cura di Angelo Marra
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I social network sono così diffusi da "essere paragonabili ad un giornale" e pertanto sottoposti alla legge che regolamenta il reato della diffamazione. Su questo principio si è basata la sentenza del Tribunale di Livorno che ha condannato una 27enne che, dopo essere stata licenziata dal centro estetico dov'era impiegata, aveva offeso più volte il suo ex datore di lavoro sulle pagine di Facebook.

Si tratta certamente di una sentenza che farà molto discutere in quanto, per la prima volta, i social network vengono considerati alla stregua delle testate giornalistiche tradizionali. Anzi, secondo la sentenza, aver pubblicato le ingiurie sui social network rappresenta "un delitto di diffamazione aggravato dall'aver arrecato offesa con un mezzo di pubblicità", un atto quindi addirittura più grave.

La sentenza, oltre a porre i canonici interrogativi sui confini della libertà di espressione in rete, profila anche una situazione contraddittoria per quello che riguarda blogger e utenti comuni, sottoposti a quanto pare alla legge sulla diffamazione al pari dei giornalisti a tutti gli effetti, senza però poter giovare di quelle tutele e di quelle protezioni di  cui godono generalmente i professionisti della notizia.

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