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Agcom su Youtube, web tv e web radio: nuove regole

Le nuove disposizioni dell’Agcom in materia di web tv e web radio stanno infiammando il dibattito in rete, ricalcando ciò che accadde qualche settimana fa…
A cura di Anna Coluccino
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Le nuove disposizioni dell'Agcom in materia di web tv e web radio stanno infiammando il dibattito in rete, ricalcando ciò che accadde qualche settimana fa all'indomani della pubblicazione delle nuove direttive in materia di diritti d'autore e pirateria online. Quest'ennesima pronuncia da parte dell'Autorità Garante per le Telecomunicazioni non fa altro che confermare ciò che andiamo dicendo ormai da diverso tempo: il governo, la politica, la giustizia, le autorità italiane che si occupano di comunicazione (a qualsiasi titolo) non capiscono un accidenti di Internet. Dai testi delle due delibere Agicom, infatti, (delibera 606, delibera 607) si evince chiaramente l'intenzione di equiparare siti come Youtube e DailyMotion a veri e propri servizi radiotelevisivi. Insomma, dopo tutte le sentenze anti-web pronunciate dalla giustizia italiana che hanno messo in ridicolo il nostro paese di fronte ai maggiori esperti di Internet e tecnologia, come se non bastasse, arriva l'ennesima batosta; a dimostrazione che il problema non è soltanto l'ignoranza in materia, ma che alla base di certe decisioni ci sono questioni squisitamente politiche.

Le televisioni italiane sono terrorizzate dalla rete, non vogliono trovarsi a competere con essa perché non sono state abbastanza abili da anticipare il cambiamento, integrandolo e dirigendolo, così, adesso, provano a fermarlo. Quel che ancora ci si ostina a non capire, però, è che provare a bloccare la crescita del web sarebbe come tentare di fermare un treno un corsa piazzando una carriola sui binari. L'unico modo per mettere un freno ad Internet è quello di applicare un modello censorio simile a quello vigente in Cina ed Iran, ma in tal caso l'Italia non ci farebbe una gran figura e dovrebbe rinunciare alla fama (già piuttosto compromessa) di paese libero e democratico.

Ad ogni modo, nessuna urgente preoccupazione investe Google e il suo Youtube per il momento, i problemi riguardano soprattutto le wev tv e le web radio italiane di media grandezza. La legge italiana, infatti, afferma un principio noto con il nome di contry of origin; ciò significa che le direttive italiane sono applicabili alle sole attività online con sede in Italia, che compiono importanti operations nel nostro paese o che fanno attività editoriale di selezione e classificazione in Italia. Il che significa che Youtube viene regolato dalla legge irlandese e le direttive Agcom non si applicano ad esso. Eppure, un problema sussiste ed anche di una certa gravita. Paragonando servizi come Youtube a delle vere e proprie tv, Agcom sancisce la responsabilità editoriale per i siti che ospitano contenuti user generated content e, in materia di "responsabilità", il principio del contry of origin viene a decadere. Questo significa che la giustizia sarà pressoché costretta a riconoscere la colpevolezza di Google ogni qual volta "qualcuno" (che sia Mediaset o un privato cittadino) dovesse decidere di denunciare Youtube per violazione di copyright, per aver ospitato un filmato violento, diseducativo o offensivo della dignità altrui. Insomma: stiamo per andare incontro ad una vera e propria ecatombe.

Come se non bastasse, voler applicare a web tv e web radio (specie se medio-grandi) norme come l'obbligo di rettifica entro 48 ore dalla richiesta di chiunque si senta diffamato da un video, o il divieto di pubblicare contenuti inadatti ai bambini durante le fasce orarie protette (!) sono davvero fuori dal mondo. Non si può continuare a chiedere ai media di sostituirsi ai genitori e agli educatori e, soprattutto, non lo si può chiedere alla rete. Lungi dall'essere utili ad alcunché, norme del genere sono classificabili come nient'altro che una sporca ipocrisia. L'accesso a contenuti porno in Internet, tanto per fare un esempio, è libero e decisamente semplice. Ora, immaginatevi un dodicenne che si collega alla rete intorno alle quattro del pomeriggio: su tutte le web tv e i servizi "equiparabili a media radio-televisivi" trova cartoni animati, video rassicuranti sulla felicità che permea l'intero l'universo, personaggi asessuati e telegiornali dedicati al mondo dei cani e dei gatti che salvano la vita ai padroni o tornano a casa come Lessie, ma se fa una ricerca veloce si può trovare come niente su un canale porno o, che so, sul sito della BBC mentre scorrono le immagini di un raid aereo su obiettivi civili in Palestina.

Alla fine della fiera, la domanda è una, ed è molto semplice: a serve imporre normative nazionali ad un media che, per sua natura, non è confinabile? Non sarebbe più opportuno creare un'organizzazione sovranazionale (direi anche sovracontinentale) che legiferi in materia di web? A questo punto, tanto vale essere onesti: o si segue l'esempio cinese, o la si smette di provare a proteggere interessi economici, politici, finanziari e lobby di vario genere. Cerchiamo di essere seri una volta tanto. Così, giusto per il gusto di stupire.

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