Amazon, archiviata l’inchiesta per omessa dichiarazione: evasione sotto i limiti della punibilità
Non avrà conseguenze per Amazon l'ultimo fascicolo rimasto aperto nell'inchiesta a suo carico per omessa dichiarazione dei redditi in Italia. Lo hanno affermato ieri i giudici della Procura di Milano nel disporre l'archiviazione dell'indagine a carico della rappresentante legale del gruppo: nonostante il gruppo avesse stabilito in Italia una organizzazione stabile e occulta – si legge nel provvedimento ottenuto da Reuters – le attività connesse a questa organizzazione erano riconducibili prevalentemente al marketing e al merchandising, e avrebbero portato a una cifra evasa che si attesterebbe al di sotto della soglia dei 30.000 euro punibili per legge.
Dal punto di vista dei pagamenti dovuti alle casse dello Stato in realtà la società aveva raggiunto un accordo con il fisco italiano già due anni fa, nel 2017: per risolvere potenziali controverse relative alle indagini fiscali che gli investigatori stavano conducendo sul gruppo per il periodo tra il 2011 e il 2015, Amazon aveva concordato con l'erario l'esborso di 100 milioni di euro. Quella rimasta in sospeso era l'inchiesta penale nella quale Amazon era accusata di aver stabilito in Italia la base di operazioni di natura stabile e continuata nel tempo.
Il procedimento era stato avviato a carico di Eva Gehlin – rappresentante legale della società Lussemburghese che gestisce parte delle operazioni del gruppo nell'Unione Europea – ma a chiuderlo ci ha pensato un chiarimento fornito direttamente dai dirigenti dell'Agenzia delle Entrate interpellati in udienza dalla giudice: l'irregolarità sussiste, dal momento che il gruppo ha effettivamente dato vita nel nostro Paese a quella che tecnicamente viene definita una stabile organizzazione occulta; le attività a essa riconducibili non raggiungono però il valore considerato di rilevanza penale.