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Amazon delude Wall Street ma Bezos guarda avanti

Amazon delude le attese di Wall Street a causa di un forte incremento dei costi operativi. Bezos non si preoccupa troppo, anzi si lancia in ulteriori investimenti. La scommessa si chiama Kindle.
A cura di Luca Spoldi
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Jeff Bezos

Settimana alquanto movimentata a Wall Street per Amazon.com, che dopo l’annuncio di una trimestrale giudicata deludente ha dapprima perso poco meno del 13% nella chiusura di mercoledì, per poi recuperare il 5% il giorno seguente e chiudere stabile venerdì. Cos’è successo? Vediamo i numeri anzitutto: nel trimestre luglio-settembre i ricavi netti di Amazon (che nel frattempo ha annunciato il suo sbarco in Italia) sono cresciuti del 44% su base annua a 10,880 miliardi di dollari (erano stati 7,56 miliardi nel terzo trimestre dello scorso anno), o detto in altre parole ogni giorno durante il trimestre appena concluso Amazon.com ha battuto scontrini per circa 121 milioni di dollari (al ritmo di circa 5 milioni all’ora o se preferite 84 mila dollari al minuto: prima che finiate di leggere questo articolo il signor Jeff Bezos avrà fatturato almeno altri 150-200 mila dollari).

Niente male, visto che le attese medie degli analisti di Wall Street parlavano di 10,93 miliardi di vendite nette nel trimestre, dunque sostanzialmente in linea con quanto poi comunicato dalla società; purtroppo anche le spese operative sono salite, ancora più rapidamente (+48%), raggiungendo i 10,801 miliardi di dollari e questo nessuno se lo attendeva. Risultato: il reddito operativo è così crollato del 70% a soli 79 milioni di dollari e l’utile netto si è ridotto del 73% ad appena 63 milioni o 14 centesimi di dollari per azione (dai 51 centesimi di un anno prima), mentre Wall Street si aspettava in media che potesse essere circa il doppio, 24 centesimi a titolo.

Amazon vs S&P500

Il che detto in altri termini significa che Bezos guadagna sulle sue vendite nette (Ros, ritorno sulle vendite) lo 0,726%, poco più che se tenesse gli stessi capitali parcheggiati su un Bot italiano a 3 mesi (che rende attorno al 2,1%-2,2% netto annuo, ossia uno 0,52%-0,54% ogni trimestre). C’è da dire che Amazon ha aumentato ancora una volta i suoi investimenti, ad esempio aggiungendo nel corso del trimestre altri 17 magazzini ai 52 che già possedeva, come pure ha ulteriormente rafforzato il proprio data center espandendo l’attività di web storage offerta dal servizio Amazon Web Services Cloud. In più Amazon è stata molto aggressiva nel prezzare il proprio nuovo tablet (che sfrutta la tecnologia Android e si pone in diretta concorrenza con l’iPad2 di Apple), il Kindle Fire, venduto a soli 199 dollari ad esemplare, prezzo che AllThingsD stima possa portare a una perdita di 50 dollari ad esemplare venduto per Amazon.

Bezos non è impazzito tuttavia: intende costruirsi rapidamente una vasta base clienti cui poi vendere contenuti digitali, dalla musica agli ebook, dai film agli show televisivi, attraverso il suo servizio Amazon Prime per il quale a fine settembre ha annunciato un accordo di licenza con News Corp. per poter distribuire a pagamento i contenuti della Twentieth Century Fox, accordo che segue uno analogo con la Cbs annunciato pochi mesi fa (servizio che fa concorrenza a quello di Netflix che invece di recente ha puntato sui film della Dreamworks Animation). Per questo motivo tre mesi fa la stessa Amazon aveva fornito indicazioni alquanto prudenziali sui suoi conti, prevedendo nell’ipotesi peggiore un crollo del 93% degli utili operativi  che poi non c’è stato. Il numero uno di Amazon sembra credere così tanto nel Kindle Fire che ha già annunciato ulteriori “incrementi di capacità e la costruzione di milioni (di Kindel) in più di quanto avessimo già messo in preventivo”.

Bezos insomma scommette forte sul successo di Android e vuole essere uno dei leader di quel mercato anche a costo di vedere aumentare le perdite nei prossimi mesi (a differenza di Apple che vende i propri iPad e iPhone con buoni margini di profitto grazie alla capacità della casa della mela di imporre prezzi più elevati per i suoi prodotti). Non vi è nulla di sorprendente in questo, vista la storia della società in questi primi 15 anni di vita, costantemente alla ricerca di nuovi mercati in cui espandersi più che non a sfruttare quelli in cui ha raggiunto già una leadership indiscussa, l’opposto di quanto solitamente fanno catene distributive “tradizionali” come Best Buy o Barnes & Nobles. Certo, la strategia di Bezos è rischiosa perché se l’economia mondiale dovesse nuovamente entrare in recessione o se comparissero nuovi e più performanti sistemi operativi (anche se sarà difficile che Google getti la spugna con Android) o anche solo il fascino di Apple dovesse resistere ad ogni sfida, aver prodotto milioni di Kindle da smaltire più lentamente del previsto potrebbe rivelarsi estremamente penalizzante.

Volendo estremizzare, sono in fondo i dubbi con cui sembra confrontarsi ogni giorno Sergio Marchionne che, secondo quanto più volte dichiarato dall’amministratore delegato del gruppo Fiat, sta attendendo a lanciare nuovi prodotti perché i mercati sono ancora depressi e rischierebbero di non rispondere in maniera adeguata agli sforzi che una simile strategia comporta, facendo accumulare centinaia di migliaia di auto nei piazzali. Ha ragione Bezos a lanciare Amazon costantemente alla conquista di nuovi territori o Marchionne che consolida un passo alla volta i suoi successi? La risposta la vedremo tutti nei prossimi anni, anche se qualche sospetto a me personalmente viene già ora avendo visto come sono andate le cose in quest’ultimo decennio.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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