Dopo Apple e Google, anche Amazon rischia di finire sotto la scure del fisco italiano. L'accusa è sempre quella di omessa dichiarazione dei redditi, dirottati verso la filiale localizzata in Irlanda dove la tassazione è nettamente più favorevole rispetto a quella italiana (e della maggior parte dei paesi europei). A finire nel mirino del Nucleo di polizia tributaria di Milano sarebbero stati alcuni manager dell'azienda di Jeff Bezos, per lo più legali di Amazon in Europa, almeno secondo le prime indiscrezioni sulle indagini condotte dal dipartimento contro i reati societari guidato dal procuratore aggiunto Francesco Greco.
In questo caso, però, i dettagli sono ancora pochi. Manca soprattutto la cifra che il Fisco contesta ad Amazon, anche perché finora i manager sono stati solo iscritti nel registro degli indagati, affidando agli investigatori il processo verbale di accertamento che avrà come obiettivo proprio quello di confermare l'evasione e la somma che l'azienda di Seattle non ha corrisposto all'erario. Solo dopo aver terminato questi accertamenti la polizia tributaria potrà dare indicazioni precise riguardo l'eventuale cifra che Amazon dovrà pagare, come già avvenuto con Apple e Google.
A dicembre l'azienda di Cupertino ha dovuto versare 318 milioni di euro al Fisco italiano, seguita poche settimane dopo da Google, con un verbale di accertamento da 300 milioni di euro e l'apertura delle indagini su 5 manager per frode fiscale. Amazon dovrà però rispondere anche alle accuse amministrative, potenzialmente più gravi e onerose, che coinvolgono appunto i dirigenti indagati. Resta poi da vedere cosa succederà ai futuri ricavi: questi accordi portano milioni nelle casse dell'erario, ma rischiano di non cambiare nulla per quanto riguarda l'elusione fiscale. Che così rischia di continuare indisturbata.