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Apple contro l’UE: “Se ci imponete App Store alternativi mettete a rischio gli utenti”

In questi giorni la casa di Cupertino ha pubblicato un rapporto dettagliato che muove obiezioni alla proposta di aprire i dispositivi Apple ad App Store alternativi. Farlo, è la tesi dell’azienda, equivarrebbe ad aprire le porte all’ingresso di malware, virus, app doppione all’interno dei gadget.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Il tema dell'acquisto di app e servizi sui prodotti Apple sta diventando sempre più scottante. La casa di Cupertino ritiene che il suo App Store debba essere l'unica porta d'accesso a queste possibilità, mentre un numero crescente di concorrenti e di osservatori esterni ritiene che i dispositivi Apple dovrebbero essere aperti a negozi digitali alternativi. Tra questi c'è l'autorità antitrust dell'Unione Europea, che da mesi sta lavorando a una proposta di legge che tra le altre cose immagina proprio che sui dispositivi con sistema operativo iOS possano essere installate app anche da fonti alternative all'App Store; la proposta è osteggiata da Apple, che in questi giorni ha mosso le sue obiezioni al progetto affermando che potrebbe mettere a rischio la sicurezza informatica di milioni di persone.

Il lavoro dell'UE

Il Digital Markets Act, o legge sui mercati digitali, è una proposta di legge in lavorazione presso l'UE e incentrata sul ruolo nel mercato digitale dei cosiddetti Gatekeeper, aziende che hanno un impatto significativo sul loro mercato di riferimento, o che "collegano un'ampia base di utenti a un gran numero di imprese". Apple rientra in questa categoria, e per questo motivo potrebbe essere colpita da norme che le impongano di consentire ad altre aziende di gestire la distribuzione delle app sui suoi dispositivi: il risultato sarebbero altri app store, paralleli all'App Store di Cupertino che pratichino prezzi e condizioni diversi nei confronti degli sviluppatori e dei consumatori.

La protesta di Apple

A questa proposta la multinazionale californiana si è sempre opposta, arrivando in queste ore a pubblicare un rapporto che spiega nel dettaglio la sua tesi in merito. Nel documento viene sostenuto che "Se Apple fosse costretta a supportare l'installazione delle app da fonti alternative, un numero sempre maggiore di app malevole riuscirebbe a raggiungere gli utenti. I cybercriminali potrebbero mettere le loro vittime nel mirino più facilmente, anche se queste installazioni non fossero completamente libere, ma limitate ad altri app store". In sostanza, per il gruppo di Cupertino, aprire le porte ad app store alternativi sarebbe un invito all'ingresso di malware, virus, truffe e doppioni.

Gli interessi delle parti in causa

Non è difficile comprendere le posizioni dell'azienda. Apple ha lavorato per anni allo scopo di costruire un sistema il più possibile impenetrabile, dove le app che passano dal suo negozio digitale sono sottoposte a controlli e sono le uniche che possono essere caricate su iPhone e iPad; il modello alternativo — quello degli smartphone Android e dei computer Windows — è sempre stato additato come più pericoloso in termini di sicurezza informatica. L'azienda ha però anche un interesse economico nella questione: dal suo App Store esige commissioni del 30 percento sulle transazioni degli utenti, che eventuali concorrenti potrebbero portare al ribasso.

Mentre l'Antitrust UE lavora proprio in questa direzione, Apple dovrà insomma sostenere una tesi che incidentalmente porta il gruppo a mantenere saldo un vantaggio economico innegabile. Lo scontro proseguirà ancora: la proposta di legge deve ancora passare l'esame del parlamento UE, in una procedura che non terminerà prima del 2023.

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