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Apple e Samsung sotto accusa per le emissioni degli smartphone, ma il problema è di tutti

Le analisi sugli smartphone Apple e Samsung effettuate dal Chicago Tribune hanno dato vita a una class action che ha puntato i riflettori sui telefoni dei due produttori, ma utilizzando gli stringenti criteri impiegati dalla testata per i propri test sono ben pochi i telefoni che ne uscirebbero indenni.
A cura di Lorenzo Longhitano
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In questi giorni stanno facendo discutere le rivelazioni del Chicago Tribune sulle emissioni di radiazione elettromagnetica degli smartphone di Apple, Samsung e altri produttori come Motorola, che secondo analisi fatte effettuare dalla testata supererebbero i livelli consentiti dalle linee guida della Commissione Federale per le Telecomunicazioni statunitense. Il reportage ha portato quasi immediatamente negli Stati Uniti a una class action nei confronti di Apple e Samsung che però rischia di distogliere l'attenzione da un problema più generale.

Non c'è pericolo, ma i limiti esistono

Il punto centrale della questione sono proprio le onde elettromagnetiche emesse dai dispositivi che — se mantenute entro determinati limiti — per la maggioranza degli studiosi non hanno conseguenze negative sulla salute. Sono questi del resto i motivi per cui le autorità in tutto il mondo consigliano di non esagerare con l'esposizione a stretto contatto con questi dispositivi e impongono ai costruttori di smartphone e apparecchiature wireless delle soglie al quantitativo di emissioni di energia concesso loro per mettersi in comunicazione con il mondo esterno.

In realtà però le rilevazioni effettuate dal Tribune per controllare il rispetto di questi limiti non sono risultate perfette: i telefoni Motorola e Apple ad esempio dispongono di un sistema che rileva il tocco di un individuo per ridurre la potenza emessa dall'antenna, che però le analisi sembra non abbiano tenuto in considerazione, facendo registrare risultati superiori al normale. Per questo motivo e per l'attenzione che si è creata attorno al caso, la Commissione Federale per le Telecomunicazioni ha già dichiarato che effettuerà nuove analisi sui dispositivi incriminati per chiarire la questione.

Un problema di tutti

Nonostante questo, nel suo lavoro il Tribune ha colto un punto importante che non riguarda solo gli apparecchi messi sotto la lente di ingrandimento nel corso dell'inchiesta: mentre le linee guida della Commissione consentono di effettuare rilevazioni a una distanza di massimo 25 millimetri dai dispositivi, le analisi fatte svolgere dalla testata portano il limite fino a 2 millimetri. E nonostante i produttori nei propri test spesso si tengano comunque ben al di sotto dei 25 millimetri, è proprio all'ultima e più restrittiva soglia dei 2 millimetri che tutti gli smartphone hanno iniziato a mostrare valori superiori alla norma.

Tuttavia è anche a distanze simili che gli smartphone vengono utilizzati e a volte conservati quando non in uso: appoggiati all'orecchio o riposti nel taschino anteriore o posteriore dei pantaloni, i gadget si trovano quasi a contatto con la pelle facendo assorbire ai tessuti più energia di quella raccomandata dalle autorità. L'accusa del Tribune insomma non riguardava tanto i produttori, quanto le linee guida Commissione Federale per le Telecomunicazioni che risalgono a prima degli anni 2000; il sospetto è dunque che ripetendo le stesse restrittive prove con altri telefoni, i risultati potrebbero essere similmente fuori scala.

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