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Apple, Google, Intel e Adobe pagheranno 415 milioni di dollari per gli accordi segreti

Quattro aziende della Silicon Valley – Apple, Google, Intel e Adobe – hanno proposto un accordo per risolvere una class action avviata dai lavoratori delle stesse società. Secondo i dipendenti, le quattro big del settore tecnologico si sarebbero accordate per non “rubarsi” i dipendenti a vicenda, con una sorta di contratto mai reso pubblico perché, di fatto, illegale.
A cura di Marco Paretti
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Quattro aziende della Silicon Valley – Apple, Google, Intel e Adobe – hanno proposto un accordo per risolvere una (imbarazzante) class action avviata dai lavoratori delle stesse società. Secondo i dipendenti, le quattro big del settore tecnologico si sarebbero accordate per non "rubarsi" i dipendenti a vicenda, con una sorta di contratto mai reso pubblico perché, di fatto, illegale.
In questo modo molti dipendenti si sono scontrati con l'impossibilità di fare carriera a causa di questa clausola, che impediva di essere assunti dalle altre tre aziende nel caso si lavorasse per una delle quattro incriminate. Nel 2011 i lavoratori hanno dato il via alla class action e lo spettro di un processo potrebbe portare ad un accordo prematuro.

Proprio per evitare un processo pubblico le quattro aziende avrebbero concordato con i dipendenti il pagamento di 415 milioni di dollari, dopo che lo scorso anno un giudice aveva rifiutato l'iniziale proposta di 324,5 milioni di dollari.
Secondo il New York Times i lavoratori avrebbero accettato il nuovo accordo e adesso si attenderebbe solo il via libera di un giudice per chiudere la querelle. La situazione, comunque, resta piuttosto spinosa. Il polverone si è alzato dopo la scoperta di alcune mail scambiate tra Steve Jobs, Eric Schmidt e altri dirigenti nelle quali si faceva riferimento ad un accordo per non rubarsi i dipendenti.

Il giudice Lucy Koh ha ora in mano l'intera vicenda e valuterà il consenso dei lavoratori che, secondo le fonti, arriverà nei prossimi giorni. In seguito, Koh avrà il compito di decidere se accettarlo o rifiutarlo, in quest'ultimo caso restituendo nuovamente la palla alle aziende o avviandosi verso il processo pubblico.
Nel 2014 la stessa Koh aveva rifiutato la proposta di 324,5 milioni di dollari basandosi su una simile causa del 2013 contro Disney e Intuit. Secondo il giudice i lavoratori potevano ottenere di più e, facendo un paragone con la class action precedente, l'accusa avrebbe dovuto chiedere almeno 380 milioni di dollari.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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