Attacco hacker ai danni del sito change.org: raccoglieva firme per Ai Weiwei
Sono ormai passate più di due settimane da quando l'artista cinese Ai Weiwei è stato arrestato all'aeroporto di Hong Kong con la pretesuosa accusa di frode fiscale. Ai Weiwei, infatti, è stato a lungo e duramente perseguitato dalle autorità cinesi per via del suo deciso attivismo anti-governativo, ed è per questa ragione che le accuse rivoltegli appaiono quantomai ridicole e prive di fondamento. L'operazione di rastrellamento dei dissidenti che, in questi mesi, viene perpretata dalle autorità cinesi nell'indifferenza della cominità internazionale è molto più ampia e articolata di quel che potrebbe sembrare, e il governo di Pechino sembra fermamente intenzionato a tener fuori qualsivoglia appello o intervento da parte di governi stranieri, singoli e associazioni. Come dichiarato da un portavoce delle autorità, la Cina non tollererà alcuna interferenza sul caso Ai Weiwei e, casomai l'invito a desistere da ogni tentativo non fosse arrivato abbastanza forte e chiaro, oggi arriva la notizia di un "sospetto" attacco hacker ai danni del sito change.org che da diversi giorni ospita la petizione -lanciata dalla fondazione Guggenheim- che richiede il rilascio immediato dell'artista.
La petizione, avviata dalla Fondazione Solomon R. Guggenheim, ha lo scopo di "accelerare il rilascio" del geniale artista cinese innamorato ti Twitter e, al momento, ha raccolto oltre 93.000 firme da parte di utenti provenienti da più 175 paesi diversi. Secondo un comunicato stampa rilasciato da Change.org, l'attacco hacker ha avuto inizio la mattina di Lunedì 18 ed ha oscurato completamente il sito nel corso delle ultime quarantotto ore. "Non sappiamo la ragione o la fonte esatta di questi attacchi", dicono gli amministratore Change.org "Tutto quello che sappiamo è che dopo il successo della campagna rilanciata dai principali musei d'arte del mondo che chiedeva al governo cinese di rilasciare Ai Weiwei, siamo stati vittime di attacchi altamente sofisticate provienienti dalla Cina".
Insomma, sembra proprio che le autorità di Pechino stiano tentando di mantere quanto promesso: "non sarà accettato alcun genere di interferenza". Evidentemente anche le petizioni rientrano nelle interferenze non richieste.