Beffato il New York Times: craccate le notizie più popolari
Da molti anni il New York Times tiene una lista degli articoli "più spediti" via posta elettronica, vale a dire i cosiddetti: most e-mailed. Trattandosi di uno dei quotidiani più diffusi e celebri del mondo, la sua classifica dei pezzi più amati e condivisi rappresenta uno strumento importantissimo per tenere il polso del pianeta, per capire come respira, di cosa si nutre; per subodorare il modo in cui l'interesse della gente si muove, quali sono i trend più seguiti e le notizie più acclamate. E proprio per questo, si tratta di una classifica a cui guardano moltissimi addetti ai lavori, professionisti, pubblicitari.
Thomas E. Weber, che è un giornalista esperto di tecnologia e Web attualmente in forze al Daily Beast, con un passato da editorialista per il Wall Street Journal, era ben cosciente di tutto questo quando ha deciso di craccare i codici degli articoli più popolari del NYT, riuscendo a piazzare tra le prime posizioni una notizia di scienza vecchia di tre settimane, un articolo decisamente poco interessante ed enormemente elitario che parlava della chiusura di una mostra sulle tavolette di cera scritte in cuneiforme. Il gesto di Weber e del suo team aveva l'obiettivo di canalizzare l'attenzione degli utenti su di un problema ben preciso: la facilità con cui anche un giornale importante come il New York Times possa essere fatto oggetto, da parte di gruppi o soggetti con precisi interessi economici, di attacchi che hanno l'obiettivo di dare maggiore risalto ad alcune news anziché ad altre. O almeno questo è ciò che Weber ha dichiarato.
L' "esperimento" ha avuto luogo grazie al lavoro di un gruppo di volontari coordinati dallo stesso Weber. L'obiettivo primario è stato quello di comprendere quali sono i fattori che condizionano la classifica del NYT. Dopo una serie di semplici prove, consistenti nel far condividere al gruppo di volontari una precisa news via email, Weber ha scoperto che la classifica viene condizionata non già dal numero dei "destinatari" delle email ma da quello dei "mittenti". Una seconda scoperta riguarda il fatto che per far diventare popolare una notizia nella categoria Scienza non servono più di dodici persone. Ed è qui che Weber si è chiesto: e allora quante ne servono per fare entrare una news nella classifica generale?
E' stato allora che il giornalista del Daily Beast ha deciso di utilizzare Mechanical Turk, un servizio di Amazon attraverso cui è possibile commissionare lavori reiterativi. Weber ha quindi assunto diverse centinaia di persone da utilizzare per il suo esperimento. Il primo step, naturalmente, è stato quello di far iscrivere tutti i partecipanti all'esperimento al sito del NYT. Poi, lo scorso 14 dicembre, i partecipanti sono venuti a conoscenza del loro obiettivo, ovvero dell'articolo che avrebbero dovuto condividere: la chiusura della mostra sulle tavolette di cera scritte in cuneiforme. Dopo circa settanta condivisioni via email, l’articolo ha raggiunto l'ottava posizione in classifica nella sezione "Scienza". Nella giornata del 15 dicembre, dopo 300 nuove condivisioni, la notizia raggiunge il quarto posto nella categoria. E solo dopo 400 email la news è riuscita ad approdare nella top 25 degli articoli più segnalati via email di tutto il New York Times nelle ultime 24 ore.
In ogni caso, il massimo che Weber è riuscito ad ottenere è stato il terzo posto nella classifica generale, un vero e proprio successo a dire il vero, figlio di 1.270 condivisioni. E così, mentre Weber attacca il NYT sostenendo che è fin troppo facile condizionare la sua importantissima classifica, dal quotidiano della grande mela rispondono che il sistema è sicuro e che, proprio perché non conteggia i destinatari delle email ma solo i mittenti, non può essere pilotato da un piccolo gruppo di persone.
Tutto questo mi ha ricordato un altro episodio; qualcosa di cui ho parlato qualche giorno fa a proposito di Anonymous, il gruppo di hacktivist attualmente impegnato nella difesa di Wikileaks e Julian Assange. Nel 2008 gli Anonymous riuscirono ad imporre la vittoria del cantante anni ’80 Rick Astley agli Mtv Awards per la categoria: miglior artista di sempre. Sì, avete letto bene, "miglior artista di sempre". Il tutto fu fatto utilizzando il sistema “Rickrolling”, consistente nel re-indirrizzamento dei clic di tutti gli utenti sul video “Never gonna give you up”.
Insomma, a quante pare il desiderio di mostrare quanto le classifiche siano fatue e pilotabili si estende a chiunque si occupi di rete e, più in generale, di new media. Ma allora qual è la soluzione? Non proporre classifiche e statistiche e lasciare che ogni utente scopra da solo le sue preferenze, o individuare un sistema più sicuro (ammesso che esista)?