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Brevettato in Italia il primo robot flessibile

È stato brevettato in Toscana il primo robot flessibile mai realizzato, un’invenzione che potrà trovare applicazioni in svariati campi.
A cura di Daniele Gambetta
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È stato brevettato in Toscana il primo robot flessibile mai realizzato, un'invenzione che potrà trovare applicazioni in svariati campi, dalla medicina alle riparazioni durante le missioni spaziali, o dovunque vi siano impedimenti di movimento per un soccorso umano.

A realizzarlo è stato un gruppo di ricerca, guidato da Edoardo Sinibaldi, del Centro di microbiorobotica di Pontedera (Pisa) dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit) in collaborazione con la Scuola superiore Sant’Anna. Di forma tubolare e della larghezza di tre centimetri, il robot assomiglia ad un serpente ed è costituito da due filamenti simili interlacciati, che avanzano l'uno sull'altro alternandosi: il primo segmento avanza e si ferma irrigidendosi, permettendo all'altro di scorrere fino a raggiungere una posizione più avanzata, dopodiché questo si ferma e consente all'altro di ripetere la procedura. In questo modo il tubo può compiere traiettorie complesse, evitando eventuali ostacoli o zone sensibili lungo il percorso.

Il supporto fisico è stato realizzato grazie a due dottorandi del Sant'Anna: l'ingegnere meccanico sudcoreano Byungjeon Kang e l'ingegnere elettronico macedone Risto Kojcev. Per creare una struttura flessibile è stato utilizzato materiale piezoelettrico, capace di dilatarsi se percorso da corrente. Il tubo ha un diametro di 3 centimetri, ma in futuro potrebbe essere eventualmente ridotto. «Possiamo scalare il diametro fino a 15 millimetri, in modo da poter far entrare il robot nel corpo umano attraverso l’ombelico», dice Sinibaldi.

La scoperta potrebbe infatti trovare applicazioni nel campo della chirurgia mini-invasiva, consentendo ad una sonda o una telecamera di muoversi all'interno del corpo per migliorare le tecniche e ridurre i danni di un intervento. A seconda delle dimensioni del tubo, che potrebbero essere anche aumentate, si potrebbe usare il robot come supporto nelle riparazioni durante le missioni spaziali, o addirittura nelle ricerche tra le macerie di un edificio crollato a causa di un terremoto o di una calamità naturale, fornendo un aiuto fondamentale alle missioni di soccorso.

Si prevede che nel giro di 3-5 anni potranno essere sul mercato i primi modelli basati sul prototipo del gruppo di ricerca toscano.

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