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C’era una volta l’era Search… ma il futuro è Social e ci sarà anche Google

Che cos’è davvero Google+? Che cosa succederà, ora, al web? Stiamo assistendo alla fine di un’epoca, all’ineluttabile conclusione dell’era Search. La nuova impresa targata Larry Page non può fallire, e vi spieghiamo perché.
A cura di Anna Coluccino
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C'era una volta un Web che era soprattutto Search, un Web che ruotava intorno a Google -certo- ma in generale dietro l'idea che la rete fosse una galassia dai confini indefiniti all'interno della quale era possibile trovare qualunque cosa, ammesso che si sapesse come cercarla. Di quel Web, BigG era il re incontrastato e lo è stato dalla sua nascita (27 settembre 1998) fino all'arrivo di Facebook (nato il 4 febbraio 2004, ma affermatosi a livello internazionale intorno al 2007) e precisamente fino al 17 marzo 2010, data in cui è avvenuto il sorpasso epocale del social network ai danni del gigante della ricerca online, e Google ha dovuto -suo malgrado- cedere il passo al nuovo che avanzava.

Il 17 marzo 2010, Google abdica in favore Facebook.

Più che un'abdicazione, però, è stato un golpe sostenuto a furor di popolo, eppure BigG non si è mai arreso all'idea di essere secondo. Ci ha messo del tempo, ma alla fine ha compreso che l'era Search volgeva al termine, e che era arrivato il momento di entrare senza indugi e tentennamenti (senza voler provare a tenere un piede in due scarpe insomma) nell'era Social.

Ed è in questo senso che va letto Google+, come un'evoluzione Social di Google nella sua totalità. Presto non avrà alcun senso parlare di Google e Google Plus, ma saranno esattamente la stessa cosa, ovvero una sorta di Google Evolution. Non si può considerare la nuova idea di BigG come un servizio aggiuntivo, non è un Google Buzz o Wave, non c'entra nulla con quanto è stato (fallimentarmente) tentato fino ad ora.

Finalmente, Larry Page ha avuto una grande idea, grande e semplice (caratteristiche ricorrenti quando si parla di idee rivoluzionarie). Ha capito che non poteva pensare di battere Facebook creando dal nulla qualcosa di aspirasse a essere competitivo, non poteva pensare di far uscire il proverbiale cilindro dal cappello e sperare di soppiantare Facebook con un semplice: et voilà! Doveva essere pronto a scommettere ogni cosa, doveva giocare la partita senza risparmiarsi, puntando tutto quello che aveva: l'intera piattaforma.

La manovra di Google non è una prova, è un cambiamento, un'evoluzione, un progetto compiuto e totalizzante e non può fallire. A meno che non si voglia credere che l'intera compagnia di Mountain View possa collassare su se stessa intorno a Google+ e, sinceramente, non mi sembra un'ipotesi plausibile. Perché, in fin dei conti, non importa quanti utenti sceglieranno di utilizzare il social network di Google al posto di Facebook, il punto è che nessuno potrà prescindere dal confrontarsi con una delle aziende più importanti del mondo che, dal puntare tutto sul modello Search, sta lentamente trasformandosi  in una realtà di tipo Social, ovvero in un social media che -a differenza di Facebook- consente anche di fare ricerca nel mare magnum della rete (e che ricerca!).

Pensate ai cambiamenti in homepage, pensate a Picasa che -a breve- si chiamerà Google Foto, pensate all'eliminazione di Twitter dalle serp, pensate all'intero impianto di Google+ e comprenderete che Google ha trovato il modo di non fallire. Visto quanto sta accadendo, c'è da credere che -presto- anche un servizio di punta e con un'identità ben precisa come Youtube potrebbe finire (anche sotto il profilo della "nomenclatura") sotto il grande ombrello che BigG sta preparando per battere Facebook.

D'altronde, una grande azienda come quella di Mountain View non poteva non fare i conti con l'enorme cambiamento di paradigma che la rete sta attraversando. Un tempo gli utenti si affidavano al freddo calcolo algoritmico per trovare una risposta alle loro domande: "qual è il miglior cellulare?", "come si fa l'amore?", "dove posso andare in vacanza?"… Oggi, invece, si preferisce chiedere alle persone vere, per quanto schermate dietro un PC, si preferisco chiederlo alla propria cerchia di conoscenze virtuali, in barba a quanti sostenevano che l'avvento dei social network avrebbe spersonalizzato le relazioni.

Certo, l'avvento del Web semantico offrirà di certo un servizio indispensabile per quanto riguarda le ricerche di tipo "enciclopedico" o specialistiche, ma il semplice dato che Facebook -ad oggi- sia più visitato di Google rende l'idea del fatto che più che "ricercare", i nuovi utenti desiderano condividere, chiacchierare, sentirsi immersi in una comunità più o meno ampia…

Google sapeva di non poter contrastare il progresso, anche perché sono le persone a determinarlo ed è stupido pensare di poter opporre la propria minuscola volontà conservatrice (qualcuno ancora stenta a capirlo…).

Per quanto grande e importante possa essere un'azienda, non potrà mai costruire una diga sull'oceano; è un lavoro improbo, insensato e -consentitemelo- paragonabile al tentativo di svuotare il mare con un cucchiaio. Tanto vale assecondare il progresso e (si è davvero grandi) anticiparlo.

Ma quanti sanno farlo? Google, almeno, ha compreso che a nulla valeva opporsi. E se stavolta non ha potuto fregiarsi del titolo di visionario che spetta agli innovatori, quanto meno si salva dall'onta dell'ottusità.

Google+ è un'ottimo esempio di intelligenza aziendale, cinismo, capacità competitiva e sapiente lettura del mercato. Non poteva battere Facebook? Forse è vero. Ma poteva migliorarlo, ed è quello che ha fatto.

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