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Cos’è il sindacato degli influencer proposto in Italia da Mafalda De Simone

La influencer ha 25 anni e 177.000 seguaci all’attivo sulla piattaforma di condivisione fotografica Instagram, e ha proposto in questi giorni l’istituzione di un soggetto che tuteli gli interessi collettivi della categoria degli influencer. Il sindacato servirebbe a proteggere chi svolge questa attività da collaborazioni fraudolente con le aziende.
A cura di Lorenzo Longhitano
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La influencer Mafalda De Simone (Foto: Mafalda De Simone, Instagram)
La influencer Mafalda De Simone (Foto: Mafalda De Simone, Instagram)

Per una categoria di persone forse non maggioritaria ma sempre più numerosa, quello dell'influencer è un vero e proprio lavoro. È su questo assunto che si basa la proposta di Mafalda De Simone, personalità del web molto attiva su Instagram che ha proposto l'istituzione anche in Italia di un vero e proprio sindacato professionale, modellato su quelli già nati in Paesi come gli Stati Uniti. La proposta in Italia è stata formalizzata soltanto recentemente, ma con De Simone si sono già schierati diversi creator del mondo digitale.

Uno squilibrio da sanare

La ragazza ha 25 anni e 177.000 seguaci all'attivo sulla piattaforma di condivisione fotografica Instagram, e propone l'istituzione di un soggetto che tuteli gli interessi collettivi della categoria degli influencer. Il problema sottolineato da De Simone è quello del rapporto con le aziende, con le quali i professionisti dell'immagine sul web si devono rapportare per sostentarsi. Da una parte infatti i brand hanno spesso reparti marketing addestrati per lavorare e negoziare compensi con testimonial di ogni genere; dall'altra gli influencer con meno esperienza e meno seguito raramente sanno come condurre trattative simili.

Il risultato di questo squilibrio sfocia in alcuni casi in collaborazioni che, solo dopo essere state concordate, si rivelano vere e proprie truffe, ha denunciato De Simone: "Alcune aziende chiedono di acquistare i loro prodotti a metà a prezzo per poi fare dei post per pubblicizzarli. In altri casi, invece, i brand chiedono moltissimi tra post e stories in cambio solo di pochi gadget". Un sindacato con risorse e consulenza a disposizione degli influencer servirebbe ad evitare che queste pratiche si diffondano ulteriormente. Il soggetto servirebbe anche a regolamentare i contratti stretti tra aziende e influencer, e non si rivolgerebbe ai colossi del settore con i fondi o il seguito necessario per permettersi un manager, ma a tutti coloro che dalla professione di influencer desiderano semplicemente guadagnarsi da vivere o intraprendere una carriera da zero senza particolari mezzi economici di partenza a disposizione.

Favorevoli e contrari

La proposta ha già iniziato a fare discutere, raccogliendo pareri discordanti anche tra chi esercita già questa attività. Il quotidiano Il Messaggero ha raccolto l'opinione favorevole della modella Paola Di Benedetto, mentre per la tiktoker Tasnim Ali un unico sindacato per tutte le categorie di influencer rischia di avere effetti controproducenti.

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