Così si usano le celle telefoniche per controllare chi resta a casa
Quasi un cittadino su due in Lombardia, la regione più colpita dal coronavirus, continua ad uscire di casa e spostarsi quotidianamente. A sottolinearlo è stato il vicepresidente della Regione Sala che, nel corso di una conferenza stampa, ha specificato che il dato – piuttosto allarmante – sia stato ricavato dall'analisi delle celle telefoniche ottenuta grazie alla collaborazione dei gestori di telefonia mobile. "Dai dati tecnologici ricavati con le compagnie di rete mobile, fatto 100 il 20 febbraio, prima che scoppiasse l'emergenza, l'andamento del movimento della popolazione è poco sopra il 40 percento. È un dato non sufficientemente basso, bisogna stare a casa il più possibile”, ha detto il vicepresidente della Regione Lombardia nel corso della diretta.
Ma come è riuscita, davvero, la Regione Lombardia ad ottenere questi dati? In cosa consiste la localizzazione dei cellulari tramite le celle telefoniche? E, inoltre, i singoli cittadini possono essere rintracciati e denunciati con questo metodo, qualora non rispettino il decreto del premier Conte che limita gli spostamenti per evitare l'ulteriore diffusione del contagio?
Come funziona la localizzazione tramite celle telefoniche
Per riuscire a comprendere come la Regione Lombardia abbia ottenuto il dato relativo agli spostamenti degli abitanti e quali potrebbero essere i potenziali rischi per i cittadini, è importante analizzare con accuratezza il funzionamento della localizzazione dei dispositivi mobili tramite le celle telefoniche e capire la differenza tra questo metodo e la localizzazione tramite GPS.
Quasi tutti i possessori di smartphone sono a conoscenza che il proprio telefono è dotato di una particolare tecnologia in grado di determinare la posizione del dispositivo in tempo reale tramite con un sistema GPS (Global Positioning System) che utilizza come punti di riferimento anche le antenne del sistema GSM: questa tecnologia di localizzazione, che nell'immaginario comune collegata alle applicazioni di navigazione ma che in realtà è utilizzata ormai dalla stragrande maggioranza delle app, è il cosiddetto A-GPS.
Ebbene, per comprendere tutto ciò che potrebbe derivare dal metodo con il quale la Regione Lombardia ha analizzato spostamenti dei cittadini, è importante tenere presente che no, la Regione non ha utilizzato il GPS per tenere traccia delle persone e no, per non essere localizzati non basta disattivare il GPS.
Non tutti sanno che qualsiasi operatore telefonico ha la possibilità di determinare la posizione di un telefono cellulare anche se quest'ultimo non è dotato di nessuno di questi sistemi, e senza che le persone abbiano mai modo di accorgersene o di impedirlo. Ed è proprio così che la Regione Lombardia è riuscita a determinare la percentuale di spostamenti dei suoi cittadini.
La localizzazione di un telefono tramite le celle telefoniche, è un metodo che applica uno dei concetti più generali di triangolazione radio e multilaterazione: il meccanismo è simile a quello che avviene con i GPS, ma si tratta di un metodo molto più grossolano, utilizzato sin dai primi anni '40.
Il tutto è reso possibile dal fatto che le antenne e i ripetitori delle reti cellulari, sono in grado di riuscire a determinare la distanza a cui si trova un qualsiasi dispositivo connesso alla rete, misurandone l'intensità del segnale e, spesso (ma non sempre), rilevandone la direzione geografica rispetto alla posizione dell'antenna.
In soldoni, essere all'interno di una cella di copertura è una prerogativa per poter utilizzare il cellulare e per questo, in prima analisi, uno smartphone che si connette ad una determinata cella può trovarsi in qualsiasi punto che ricade all'interno di essa.
Per riuscire a capire l'area geografica in cui si trova uno smartphone, vengono analizzati esattamente questi dati, ma provenienti da tre o più ripetitori presenti nell'area geografica, che verrà quindi schematizzata in uno o più triangoli che si intersecano: ed è proprio tramite le intensità del segnale di connessione, rispetto ai ripetitori, che si potrà analizzare la posizione di un qualsiasi dispositivo mobile. E se un cellulare si sposta e cambia cella? Sarà sempre possibile localizzarlo, perché ogni cella è infatti identificata univocamente dal LAI (Location Area Identifier), registrato dal dispositivo a ogni cambio di cella.
Si tratta di localizzazioni grossolane
La localizzazione degli smartphone tramite la connessione alle celle telefoniche è un metodo che funziona, ma rispetto alla localizzazione tramite GPS fornisce informazioni piuttosto grossolane. Ad esempio, la distanza dell'antenna viene determinata con un margine d'errore di centinaia di metri (o persino decine di chilometri), e la posizione radiale del cellulare connesso (cioè la direzione in cui si trova il dispositivo rispetto alla posizione dell'antenna) può essere determinata solo come nord, sud, ovest est.
Ma è sommando queste informazioni, che in genere provengono da almeno altre due antenne, che è possibile capire la posizione di uno smartphone e localizzarlo in una zona circoncisa da un raggio ben preciso: in aperta campagna questo raggio potrebbe essere di alcuni chilometri, mentre nei centri urbani potrebbe ridursi ad un centinaio di metri, proprio perché in città sono presenti più ripetitori: in altri termini, la precisione è maggiore se la cella è piccola, tipicamente una microcella urbana, viceversa è minore se si è in una macrocella, tipica degli ambienti extraurbani.
I cittadini possono essere identificati?
Sì, tecnicamente i cittadini possono essere identificati tramite questa tecnologia di localizzazione. Anzi, in realtà per dare il via alla triangolazione radio e la multilaterazione, generalmente si parte da un'utenza ben precisa e, quindi, già identificata. Non è un segreto che la possibilità di utilizzare queste particolari informazioni per formulare delle ipotesi di localizzazione geografica, sia un ambito di particolare interesse per l’Autorità Giudiziaria, e in generale nelle investigazioni.
Ma il punto è che, giuridicamente, dare il via ad un'operazione di identificazione del genere non è affatto semplice, e a meno che non si abbiano compiuto reati penali di rilevante importanza, difficilmente le Autorità Giudiziarie potrebbero decidere di utilizzare questo metodo.
Cosa rischiano i cittadini della Lombardia
Data per scontata l'importanza di non uscire di casa se non per motivi validi, in realtà i cittadini della Regione Lombardia che rientrano in quel 40 percento di cui ha parlato Sala non rischiano assolutamente niente.
Il metodo utilizzato dalla Regione più colpita dal coronavirus è stato utilizzato in forma totalmente anonima e applicato in grandi numeri, decisamente grossolani, solo ai fini statistici: insomma, la Regione ha solo controllato il numero di smartphone in movimento (e non quindi chi era in movimento), analizzandolo proporzionalmente al numero di connessioni totali nell'area geografica, per poi paragonare gli stessi dati in un periodo pre-emergenza e calcolare, infine, la percentuale dei dispositivi in movimento.