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Cyber-war: ecco come i pirati di Operation Payback eseguono gli attacchi

Gli hacktivist di Operation Payback raccontano le modalità con cui compiono i loro attacchi informatici: non servono elevate conoscenze informatiche, solo buona volontà e un po’ di tempo a disposizione.
A cura di Anna Coluccino
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Li chiamano hackers, ma loro preferiscono essere chiamati hacktivists. E se state pensando ad una decina di nerd occhialuti e brufolosi che smanettano tutto il giorno davanti al PC vi sbagliate di grosso. Il collettivo Anonymous, da cui si origina il folto gruppo di persone che opera sotto il nome di Operation Payback, è composto da persone normali, geni informatici e non. Il motto del collettivo, infatti, è "hai gli strumenti, hai la conoscenza, non hai scuse per non lottare per la tua libertà, in qualunque modo tu ritenga opportuno". Il che intende sottolineare come non siano necessarie enormi conoscenze informatiche per far parte dell'attacco o, almeno, non c'è bisogno che tutti i membri del gruppo le possiedano. Basta dichiararsi disponibili e si può entrare nel gioco.

Gli hackers che in questi giorni stanno animando la guerriglia contro i nemici di Wikileaks e Julian Assange sono migliaia. Non si tratta, come si potrebbe immaginare, di un gruppetto di 20 geek incalliti, ma di un piccolo esercito formato da migliaia di volenterosi. Del resto, il tipo di attacco informatico che i pirati di Operation Payback portano avanti sarebbe impossibile da realizzare se le forze numeriche fossero esigue. L'attacco -infatti- persegue l'obiettivo di sovraccaricare i server. Per farlo, occorre che migliaia e migliaia di utenti martellino il sito prescelto con pacchetti TCP o UDP o con richieste HTTP. Se le forze sono abbastanza consistenti, questa tecnica può mettere al tappeto qualunque sito.

Per attaccare è necessario che qualcuno si intenda di programmazione, ma a gran parte della truppa non resta altro da fare che visitare il sito in questione. Lo strumento che, più comunemente, viene utilizzato per questo genere di attacco si chiama LOIC (Low Orbit Ion Canon). Si tratta, ovviamente, di uno strumento open source creato per stressare le reti e portarle al collasso.

Tutto questo ci permette di capire come le rivendicazioni del collettivo Anonymous non siano riconducibili ad una piccola élite, ma rappresentino lo stile di pensiero di migliaia di persone; magari normalissime, con lavori comuni, famiglia, figli, unite da un unico pallino: la libertà di informazione e la libera diffusione della cultura.

https://www.youtube.com/watchv=_PCC9yHY6Ew
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