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Da oggi difendersi contro gli hater online è più facile e veloce: la sentenza che cambia tutto

Un giudice federale negli Stati Uniti ha intimato per la prima volta al gruppo Facebook di fornire con tempestività i dati collegati a un falso account Instagram che ha utilizzato indebitamente le foto di una minorenne italiana. Fino a oggi la procedura poteva richiedere mesi, ma grazie a questo precedente il gruppo è tenuto a rispettare i tempi richiesti.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Da oggi proteggersi contro revenge porn, profili falsi e hater sui social sarà finalmente più facile e rapido: è la conseguenza di una sentenza emessa recentemente negli Stati Uniti, nella quale è stato intimato per la prima volta al gruppo Facebook di fornire in modo tempestivo una serie di documenti collegati a un profilo Instagram che spacciava foto rubate a una ragazza minorenne di nazionalità italiana.

La vicenda dalla quale è nata la sentenza è tristemente simile a molte altre: un profilo Instagram creato utilizzando come materiale di partenza un album di foto di una minore – il tutto a sua insaputa, senza il suo consenso e senza la possibilità di intervenire sulle immagini caricate. Tramite un'azione legale il profilo è stato bloccato come avviene ormai abitualmente in queste situazioni, ma la differenza con quanto sempre accaduto nei casi finora andati a processo è una: il giudice federale del Michigan ha intimato a Facebook di fornire i dati relativi all'account fasullo con tempestività e senza ritardi.

A spiegare l'importanza della sentenza a Fanpage.it sono stati gli avvocati di Emme Team, che si sono occupati del caso e che in Italia forniscono assistenza gratuita per i casi di revenge porn e odio online. Fino ad ora il social network poteva dilatare di mesi le tempistiche relative alla consegna delle informazioni per esigenze di vario tipo, mentre questa sentenza stabilisce un precedente importante in senso opposto. L'azienda è tenuta a fornire entro data indicata dal giudice una serie di dati che possono risultare utili a rintracciare il responsabile: dal numero di telefono e l'indirizzo email legati alla creazione dell'account fasullo all'indirizzo ip del dispositivo o dei dispositivi usati per accedervi.

La sentenza del giudice federale del Michigan rappresenta ora un precedente e dunque un'arma preziosa per chi combatte il proliferare sui social non solo di revenge porn e profili falsi, ma anche di account fake utilizzati per vere e proprie campagne di diffusione d'odio. Avere a disposizione i dati collegati ai profili che pubblicano materiale di questo tipo dà una possibilità in più di risalire all'identità di chi li ha creati. Ottenere queste informazioni entro pochi giorni anzichè dopo settimane di attesa aumenta le probabilità di arrivare a un risultato concreto e soprattutto può scoraggiare eventuali malintenzionati dall'intraprendere comportamenti simili.

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