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Dalla Cina il chip che aiuterà i computer a leggere la mente

Presentato in questi giorni da China Electronics Corporation e università di Tianjin, il chip è stato battezzato Brain Talker. Non potrà mettere in comunicazione uomo e macchina, ma aiuterà i macchinari già esistenti in un compito delicato: trasformare i segnali elettrici provenienti dal cervello in segnali digitali da interpretare.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Un chip capace di leggere la mente: è così che in Rete si sta parlando di Brain Talker, un processore di informazioni ideato da China Electronics Corporation e università di Tianjin per essere utilizzato all'interno di interfacce uomo-macchina di nuova generazione. Presentato in questi giorni nel corso del World Intelligence Congress che si tiene ogni anno proprio a Tianjin, il chip in realtà non apre scenari alla Black Mirror come qualcuno sta ipotizzando, ma stando a chi l'ha ideato promette comunque di migliorare il modo in cui le macchine possono leggere e interpretare il pensiero di chi le controlla, utilizzando soltanto i segnali provenienti dal cervello.

Le interfacce uomo-macchina non sono nulla di nuovo, anzi: è almeno dagli anni '70 che scienziati e ricercatori sviluppano e affinano tecniche di interpretazione automatizzata dei segnali che provengono dal sistema nervoso, con lo scopo di utilizzare questi ultimi per il controllo di protesi e altri dispositivi elettronici. Il problema è che il processo, oltre a essere ancora poco preciso nei risultati che raggiunge, è estremamente dispendioso in termini di potenza di calcolo richiesta e anche potenzialmente invasivo, poiché richiede macchinari incompatibili con molti dei potenziali ambiti di utilizzo della tecnologia.

Brain Talker è pensato per farsi carico di parte dei compiti richiesti alle interfacce uomo-macchina occupandosi in modo molto specifico della fase in cui i segnali elettrici provenienti dal cervello vanno captati e tradotti in segnali digitali interpretabili dai computer, ovvero isolando questi segnali dal rumore di fondo che normalmente li avvolge e impedisce di prenderli in considerazione in modo efficace. Non si tratta dunque di un chip tuttofare, ma di una componente che aiuterebbe i macchinari fin qui già ideati a lavorare in modo migliore e con minor ingombro, fino a rendere potenziali nuovi prodotti anche meno invasivi e indossabili.

La notizia insomma resta promettente: nelle parole dei responsabili del progetto, il chip "renderà la tecnologia delle interfacce uomo-macchina più accessibile al grande pubblico". Per comprendere la reale portata dell'invenzione però servirà del tempo: ad annunciarla sono stati infatti l'università che ha sviluppato il chip e l'agenzia di stampa Xinhua, controllata dal governo che incidentalmente possiede anche l'azienda produttrice del dispositivo.

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