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Digital Tax: ecco cosa prevede la nuova legge, tra le polemiche

Il premier Matteo Renzi, in diretta tv un paio di giorni fa, ha dichiarato di voler introdurre una Digital Tax. Si torna dunque a parlare di voler tassare le grandi aziende tecnologiche. L’idea dovrebbe basarsi sulla proposta di legge di Stefano Quintarelli e Giulio Sottanelli. Ecco cosa prevede.
A cura di Francesco Russo
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Si torna a parlare di tassare le grandi aziende tecnologiche, argomento che ciclicamente ritorna al centro del dibattito politico. Stavolta è stata annunciata direttamente dal premier Matteo Renzi, in diretta tv un paio di giorni fa, che l'ha appunto coniata come Digital Tax. E' dal 2013 che si parla di procedere ad una tassazione specifica mirata ai grandi player del mondo della tecnologia e del digitale che operano nel nostro paese. Infatti in passato si  parlato di Web Tax, poi di Google Tax e, adesso, di Digital Tax.

Quello che ha affermato il premier Renzi è che questa nuova Digital Tax "sarà legge in Italia dal primo gennaio 2017", anche se, insieme alle polemiche inevitabili che si sono sollevate, si discute sulla tempistica con l'emergere di ipotesi che potrebbero vedere la nuova legge in vigore già a partire dal 2016.

Come funziona la nuova Digital Tax

Al momento è allo studio la definizione dei termini che la legge dovrà contenere, anche se si va facendo sempre più forte la tesi secondo la quale la nuova Digital Tax si baserà molto sulla proposta di legge già depositata in Parlamento ad aprile di quest'anno e che porta la firma di due deputati di Scelta Civica, Stefano Quintarelli e Giulio Sottanelli. La proposta dei due deputati prevede una ritenuta del 25% che sarà applicata in automatico a tutti i player digitali che dall'estero erogano i loro servizi indirizzati al nostro paese. Secondo le previsioni che si fanno in queste ore, il gettito derivante da questo prelievo dovrebbe aggirarsi attorno ai 2 o 3 miliardi di euro, potendo comunque attingere ad una base potenziale di 11 miliardi di euro, secondo le stime fatte dal Politecnico di Milano.

Ma chi sono i soggetti a cui si vuole mirare? Sempre basandosi sulla proposta di Quintarelli/Sottanelli, i soggetti che verranno presi di mira dalla nuova Digital Tax sono tutte quelle aziende che realizzano transazioni finanziarie digitali con una continuità di sei mesi ed un fatturato pari o superiore ai 5 milioni di euro. La conferma che ci si baserà proprio sulla proposta già depositata in Parlamento arriva proprio da Enrico Zanetti, sottosegretario all'Economia e segretario di Scelta Civica, il quale ha anche dichiarato che in alternativa "il soggetto diventa residente in Italia ed è assoggettato ad una ritenuta alla fonte sulle transazioni del 25%".

E' evidente che subito dopo l'annuncio di questa, che non potrebbe considerarsi una vera e propria tassa, poco è bastato per far riaccendere le polemiche che si erano spente alla fine di febbraio del 2014, quando proprio Renzi twittava il no alla Web Tax, il progetto di legge di Boccia, sostenendo di essere stato di parola. A distanza di un anno e mezzo invece torna sull'argomento lo stesso Renzi, il quale stavolta vuole accelerare anche rispetto al'UE e all'OSCE che sposano la tesi della tassazione verso le grandi aziende del digitale, ma che Renzi ritiene lente nel prendere una decisione definitiva. Il premier tiene a sottolineare che questa iniziativa riguarda più altro i temi legati alla giustizia sociale, anche se per Renzi "i grandi player dell'economia globale, da Apple e Google, restano dei miti".

Allora ecco che si ripropone l'argomento che sta generando nuovamente un dibattito serrato tra esperti del settore, più o meno concordi sul fatto che una tassazione di questo tipo potrebbe minare da un certo punto di vista anche la crescita del nostro paese, in termini di posti di lavoro, dal punto di vista tecnologico e digitale.

Il dibattito sembra non placarsi e vedremo se e come questa volta il governo intenderà portare avanti questa iniziativa. Sempre ammesso che la stessa UE non intervenga prima.

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