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Diritto all’Oblio, i Garanti per la Privacy UE pronti per un strategia comune in caso di rifiuto

Nuovo capitolo relativo al Diritto all’Oblio, sancito dalla ormai nota sentenza della Corte UE, del maggio scorso, che stabilì il diritto “ad essere dimenticati”. Le Autorità Garanti per la Privacy UE hanno predisposto una strategia comune per far fronte alle richieste non accolte dal motore di ricerca.
A cura di Francesco Russo
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Nuovo capitolo relativo al Diritto all'Oblio, ossia alla sentenza della Corte di Giustizia Europea che nel maggio scorso ha di fatto stabilito il diritto all'oblio da parte dei cittadini che intendano rimuovere contenuti online, ormai diventati obsoleti. Da quel momento, Google si è attivata per rispondere al principio contenuto nella sentenza, mettendo online un modulo attraverso il quale gli utenti potessero segnalare links da rimuovere. Nel giro di pochi giorni le richieste pervenute attraverso il modulo furono migliaia, e ad oggi, come ricordato a Roma il 10 settembre scorso, in occasione della Commissione di esperti voluta da Google per avere suggerimenti su come procedere, le richieste sono più di 120 mila.

Ma un problema che è subito balzato agli occhi, è che Google non accetta tutte le richieste che arrivano, più o meno ne vengono approvate la metà. E di fronte a questa situazione, molti utenti hanno lamentato proprio il fatto che la loro richiesta al motore di ricerca non avesse avuto la considerazione appropriata. A questo punto, come ha riferito il Garante per la Privacy, le Autorità Ue Garanti della privacy hanno deciso di elaborare criteri comuni per gestire i ricorsi e i reclami presentati da utenti che si sono visti opporre un rifiuto da Mountain View. E a questa decisione si è giunti lo scorso 17 Settembre, in occasione occasione della riunione dei Garanti UE che si tenuta a Bruxelles.

Questa decisione cerca di paventare un intervento dei Garanti nel momento in cui Google decidesse di non procedere alla richiesta di rimozione del link da parte di un utente. E' il preludio, dunque, di il primo passo in vista di un'armonizzazione dei criteri, procedurali e sostanziali, per gestire i casi in cui il motore di ricerca respinge una richiesta di de-indicizzazione.

Alla riunione di Bruxelles, le Autorità dei Garanti per la Privacy hanno ribadito che tutti i motori di ricerca devono adempiere agli obblighi derivanti dalla sentenza della Corte europea e hanno sottolineato di aver ricevuto negli ultimi mesi un buon numero di ricorsi a seguito del diniego opposto da Google. Un ulteriore segnale di quanto la questione dell' "oblio" e dei meccanismi per garantirlo, sia un'esigenza largamente sentita e condivisa da parte dei cittadini europei.

Le Autorità hanno quindi messo a punto una "strategia" di azioni comune di fronte a questi problemi tesa allo scambio reciproco di informazioni, predisponendo anche una serie di strumenti al fine di garantire un approccio coordinato nella gestione dei ricorsi e reclami presentati da utenti non soddisfatti della risposta fornita dai motori di ricerca. E' stato quindi creato un database condiviso, delle decisioni che verranno assunte sui ricorsi e reclami, ed è stato messo a punto uno schema di analisi di tali decisioni, in cui sono evidenziate le analogie o le differenze nelle valutazioni volta per volta effettuate, soprattutto rispetto a casi particolarmente complessi o caratterizzati da elementi di novità. Infine, le Autorità Garanti hanno avviato incontri, sia con rappresentanti dei motori di ricerca, sia con rappresentanti degli editori e dei media online, al fine di seguire da vicino la delicata fase di attuazione della sentenza.

Insomma, il problema esiste ed è molto sentito, come dimostra questa azione comune dei Garanti, una novità da questo punto di vista. Resta da vedere se in futuro questa nuova strategia messa in campo possa dare luogo ad una più diretta collaborazione con Google, e con gli altri motori di ricerca eventualmente chiamati in causa. Difficile anche solo a pensarsi in questo momento, visto la difficile situazione che grava su Google, proprio per il fatto che l'Europa attende da Mountain View ancora dei chiarimenti, per ciò che riguarda la privacy e tematiche annesse.

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