Dopo Facebook e Google, anche Amazon fa pace col fisco versando 100 milioni di euro
A pochi giorni dall'annuncio di Facebook di voler costituire una "struttura di vendita locale" nei paesi in cui ha sede un ufficio, quindi sottoponendo i ricavi alle regole del fisco locale, anche Amazon, così come fece Google, vuole fare pace col fisco italiano. Il colosso fondato da Jeff Bezos ha trovato un accordo con l'Agenzia delle Entrate, a chiusura del "contenzioso fiscale", per il versamento di 100 milioni di euro nelle casse del fisco. La notizia è stata diffusa dalla stessa agenzia pubblica attraverso un comunicato in cui si precisa che l‘atto è finalizzato a "risolvere le potenziali controversie relative alle indagini fiscali, condotte dalla Guardia di Finanza e coordinate dalla Procura della Repubblica di Milano, relative al periodo tra il 2011 e il 2015".
Amazon quindi trova l'accordo con il fisco italiano e firma il contenzioso con cui accorda il versamento nelle case del fisco italiano la somma di 100 milioni di euro. Si tratta di una somma che va a ripianare la posizione fiscale del colosso di Seattle per il periodo che va dal 2011 al 2015. Facendo dei calcoli sommari, si tratta quindi di un accordo pari a 20 milioni di euro per anno.
L'agenzia specifica che i 100 milioni di euro "sono riferibili sia ad Amazon EU S.ar.l che ad Amazon Italia Services srl" e che riprenderà con Amazon "il percorso finalizzato alla stipula di accordi preventivi per la corretta tassazione in Italia in futuro delle attività riferibili al nostro Paese". Lo scorso aprile il Nucleo di polizia tributaria della Gdf di Milano aveva accertato una presunta evasione da 120-130 milioni di euro per il quinquennio 2011-2015 relativa a un giro d'affari di 2,5 miliardi di euro, contestando la stabile organizzazione della società in Italia.
Quella che si trova a pagare Amazon è una cifra sensibilmente inferiore a quanto versato invece da Google (306 milioni di euro) o da Apple (318 milioni di euro) per il fatto che dal 2011 al 2015 l'azienda di Bezos ha generato in Italia un volume di affari molto ridotto che è invece cresciuto a dismisura solo dopo il 2015.. Nel 2011 fu Amazon a presentare all‘Agenzia delle Entrate un Apa (advance pricing agreement), una richiesta formale, per stabilire quale organizzazione adottare per non violare la normativa, dalla procedura avviata si arrivò alla contestazione del fisco. Dal 2015 Amazon ha poi costituito la sede logistica di smistamento nel Piacentino, impiegando oltre 2.000 persone. A questa va ad aggiungersi, dalla metà del 2015, il "ramo" italiano dell'azienda con sede legale a Milano.
Se dal un lato si chiude con questo accordo la vertenza fiscale, resta dall'altro lato ancora in ballo l'inchiesta penale per omessa dichiarazione dei redditi condotta dalla procura di Milano, in cui il solo indagato è un dirigente lussemburghese della società, assistito dall‘avvocato Marco Calleri. Una situazione che potrebbe portare all'archiviazione del caso, visto che la violazione, nel penale, per quel che riguarda l'omessa dichiarazione dei redditi, riguarda la fraudolenza, mentre in questo caso, tanto più dopo l‘accordo, si tratterebbe di una interpretazione valutativa successiva alla presentazione dell‘Apa.
Questa la dichiarazione di Amazon:
"Abbiamo raggiunto un accordo con l’Agenzia delle Entrate su questioni del passato e rimaniamo focalizzati ad offrire una grande esperienza di acquisto ai nostri clienti in Italia dove abbiamo investito oltre 800 milioni di euro dal 2010 e creato oltre 3.000 posti di lavoro. A maggio 2015, per garantire di avere in futuro la migliore struttura per servire i nostri clienti, abbiamo costituito la succursale italiana di Amazon EU Sarl che registra tutti i ricavi, le spese, i profitti e le imposte dovute in Italia per le vendite al dettaglio".