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Europa occidentale e Venture Capitalism: Italia all’ultimo posto per investimenti pro capite

Lo studio della società Verve Capital Partner evidenzia le quote di Venture Capital investito “pro capite” nei paesi dell’Europa Occidentale e le mette in relazione con la posizione in classifica che gli stessi paesi occupano nell’ “Indice di Attrattività di Venture Capital” stilato dall’ “Instituto de Estudios Superiores de la Empresa”. Moltissime le sorprese.
A cura di Anna Coluccino
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Nota Introduttiva

Vi siete mai domandati quale sia la nazione dell'Europa occidentale con il Venture Capital pro capite più alto?

La domanda, in verità, non è di quelle che si è soliti porsi quotidianamente, ma questo non vuol dire che la risposta risulti di scarso interesse, tutt'altro. Scoprire, infatti, quali sono le nazioni con la maggiore capacità di investimento in relazione al numero di abitanti può rappresentare un utilissimo indicatore della crescita economica (effettiva e potenziale) delle nazioni europee. Ad offrire domande e risposte su questo tema ci ha pensato la Verve Capital Partner, un'AG* con base a Zurigo (fondata nel 2007) che ha prodotto uno studio analitico sul Venture Capitalism in Europa occidentale evidenziando situazioni tutt'altro che scontate. La ricerca della VCP, però, non si limita a fare la classifica dei paesi con il tasso più alto di Venture Capital pro capite, ma prova a mettere questo dato in relazione alle classifiche che valutano l‘Indice di Attrattività di ciascun paese rispetto agli investimenti.

A questo punto, valutando l'incrocio tra i due fattori, ci si aspetterebbe che i paesi con il tasso di VC pro capite più alto siano anche quelli più attraenti dal punto di vista degli investimenti, ma -in realtà- lo studio riserva non poche sorprese.

Pochissime le ragioni di stupore per quanto riguarda -invece- le teste d'ariete e i fanalini di coda della classifica, che vede la Svizzera alla guida della classifica e l'Italia in fondo al tunnel (dopo Grecia e Portogallo) a conclamare la scarsa attitudine del nostro paese al Venture Capitalism.

Lo studio

Secondo quanto riportato all'interno dello studio (qui il pdf), al termine dell'analisi i paesi sono stati suddivisi in cinque gruppi sulla base dell'effettiva quota di VC speso pro capite.

Le cinque aree risultano così suddivise:

  1. Tra i 60 e i 70 dollari di VC pro capite
  2. Tra i 50 e i 60 dollari di VC pro capite
  3. Tra i 30 e 40 dollari di VC pro capite
  4. Tra 20 e 30 dollari di VC pro capite
  5. Tra 0 e 10 dollari di VC pro capite

I gruppi

$ 60/70 – Al primo e secondo posto tra le nazioni con il più alto tasso di VC pro capite troviamo la Svizzera e i Paesi Bassi con, rispettivamente, una quota pari a 69 e 62 dollari di venture capital per ciascun abitante, il che -considerando che negli Stati Uniti i dollari pro capite arrivano 67- mette le due nazioni in una posizione di netta supremazia quanto alla capacità di investire capitali. Certo, la modesta estensione territoriale e demografica dei due paesi rappresenta pur sempre un dato di cui tener conto, giacché appare evidente come in Svizzera la quota di VC speso pro capite, se si considerano i dati demografici del 2010, si traduca in un totale di circa 543.036.900 dollari, mentre nei Paesi Bassi, dando per buono il dato statistico relativo ad oggi, 2/01/2012 (ovvero 16.732.552 abitanti) si arriva a 1.037.418.224 dollari; quote di investimento che, per quanto rappresentino uno straordinario successo dal punto da un punto di vista relativo, sono abbastanza contenute su un piano assoluto.

In entrambi i casi, comunque, sia in quello svizzero che in quello neerlandese, l'elevata quota di VC speso pro capite si traduce in un'alta posizione in classifica all'interno del Global Venture Capital and Private Equity Country Attractiveness Index. Le due nazioni infatti figurano -rispettivamente- al sesto e al nono posto.

Tra i fattori che senza dubbio incentivano gli investimenti occorre annoverare prima d'ogni cosa la generale condizione di benessere, le normative in materia fiscale e l'elevato reddito pro capite.

$ 50/60 – Il medesimo discorso può essere applicato ai paesi che rientrano nel secondo gruppo, in prevalenza scandinavi e -in generale- nord europei. Rispetto a una media europea che si attesta sui 35 dollari di VC pro capite, Svezia e Finlandia si attestano entrambe sui 59 dollari, mentre la Danimarca si ferma ai pur rispettabilissimi 53 dollari.

Anche in questo caso si nota un'evidente corrispondenza tra il dato fin qui analizzato e la posizione all'interno della classifica di attrattività di capitale in cui le tra nazioni si piazzano rispettivamente all'ottavo, al dodicesimo e all'undicesimo posto.

$ 40/30 – Intorno alla media europea gravitano il Regno Unito e l'Irlanda (che si attestano sui 39 dollari di VC pro capite), il Belgio (che ne conta 33) e la Francia (che si ferma a 31). Com'è facile notare, però, rispetto alla leggera distanza che separa l'ultimo paese del primo gruppo (i Paesi Bassi con 62 dollari) e i primi del secondo gruppo (Svezia e Finlandia con 59 dollari), la distanza tra le medesime posizioni del secondo e del terzo gruppo si fa più consistente, evidenziando come, rispetto alla media europea, ci sia un gruppo di nazioni virtuose che rappresenta una realtà a se stante nel panorama del vecchio continente.

Nonostante l'evidente battuta d'arresto rispetto ai cinque paesi capofila, l'incrocio con i dati dell'indice di attrattività mostra delle discrepanze non da poco. Il Regno Unito, ad esempio, risulta addirittura al terzo posto nel Global Venture Capital and Private Equity Country Attractiveness Index, ovvero davanti a tutti i paesi europei presi in analisi dallo studio. Posizione più equilibrata quella dell'Irlanda che occupa il ventiquattresimo posto, mentre paiono abbastanza sproporzionate quella di Belgio e Francia che, a fronte di un VC pro capite di medio livello, occupano -rispettivamente- la sedicesima e la quindicesima posizione.

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$ 30/20 – Il quarto gruppo comprende la Norvegia (con 27 dollari di VC pro capite), la Spagna (24 dollari) e la Germania (21 dollari). Nell'ultimo caso, quello tedesco, si nota la più evidente discrepanza tra la quota di VC spesa pro capite e l'indice di attrattività rispetto ai capitali. Pur occupando il dodicesimo posto (su sedici) nel presente studio, la Germania è al decimo posto tra le nazioni più appetibili per gli investitori poiché -secondo l'IESE VC attractiveness index rank-  può contare su elevato numero di obiettivi interessanti, sulla leadership economica dell'Europa, su un portfolio diversificato di settori industriali, su una forte infrastruttura e un'amministrazione affidabile, nonché su un atteggiamento culturale incline alla diligenza.

Anche la Norvegia non è da meno quanto a discrepanza tra VC pro capite e attrattività. Nel succitato indice, infatti, la nazione scandinava occupa il quattordicesimo posto, il che con tutta probabilità dipende anche dal fatto che la Norvegia sia il paese con il reddito pro capite più alto del mondo (circa 55.000 dollari).

La Spagna, dal canto suo, pur avendo un'attratività più elevata rispetto alla spesa VC pro capite, non denota il medesimo livello di discrepanza, tant'è vero che -nell'indice- occupa il ventitreesimo posto.

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$10/0 – E ora veniamo al gruppo di coda dove -ancora una volta- si assiste a un vero e proprio "salto a ribasso", con una differenza tra l'ultima nazione del quarto gruppo e la prima del quinto pari a ben undici dollari. A guidare i paesi con il peggiore VC pro capite è l'Austria (con una spesa pari a 10 dollari) segue il Portogallo (7 dollari), quindi la Grecia (3 dollari) e -udite udite- chiude l'Italia con 1 dollaro pro capite (approssimato per eccesso, in realtà parliamo di 0.82 centesimi).

Ma se si guarda al all'indice di appetibilità scopriamo che mentre la Grecia e il Portogallo occupano, tutto sommato, una posizione abbastanza "coerente" con il livello di VC pro capite (#44 e #34), Austria e Italia destano un interesse degli investitori che mal si confà ai risultati di questo studio (#22 e #28). Non che la ventiduesima e la ventottesima posizione siano invidiabili, ma se paragonate al livello di investimento che l'analisi evidenzia siamo molto al sopra di quanto ci si aspetterebbe. Per quanto riguarda l'Austria molto dipende dall'ottimo reddito pro capite ($ 40.400), per l'Italia -invece- a pesare in senso positivo sono il design innovativo, le nicchie d'eccellenza, un'economia ben sviluppata, il basso tasso di indebitamento di imprese e famiglie se paragonato alla media Europea (sotto il 120% del reddito pro capite contro il 180% della media Europea) e il solido sistema bancario.

Conclusioni

Secondo gli studiosi che hanno redatto l'analisi, "la teoria (in questo caso: l'indice IESE) e la realtà combaciano solo nei paesi che hanno una forte attività VC. Ma le differenze tra gli altri paesi sono specifiche e dipendono da un mix di influenze culturali ed economiche, e sono molto difficili da mappare in un indice che risulti esaustivo". In buona sostanza, il GAP tra gli investimenti VC reali e l'attrattività teorica sarebbe in gran parte giustificata dal fatto che i paesi in cui si nota tale discrepanza sono quelli caratterizzati da una forte tradizione industriale che -da un lato- affascinano gli investitori per la loro solidità e, dall'altro, risultano meno inclini all'innovazione e alla creazione di nuovi mercati perché già dotati di sufficienti risorse naturali.

"La Germania" – si legge nelle conclusioni dello studio – è nota per essere un paese economicamente conservatore, con uno scenario normativo molto rigido e di un forte senso di protezione degli investitori. Mentre queste qualità sono viste come positive da parte di alcuni indici di attrattività, le start-up richiedono flessibilità, si basano su Angel Investement e nelle fasi iniziali non possono impantanarsi in spese legali  e vincoli burocratici. L'Indice IESE non sembra attribuire un peso sufficiente a questi fattori".

Rispetto al caso italiano, sapere che il livello di Venture Capital investito è pari a 1 dollaro pro capite suona quasi offensivo e, malgrado esistano numerose sacche di resistenza che consentono al paese di tirare avanti, non è più possibile continuare ad ignorare l'esistenza di un problema in termini di capacità di innovare e investire sulle idee.

* AG sta per Aktiengesellshaft (letteralmente: società anonima) e definisce un genere di società caratterizzata da una così alta frammentazione del pacchetto sociale da non poter essere riconducibile ad una proprietà unica e stabile.
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