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Facebook, arrestato il vicepresidente: ha negato l’accesso a WhatsApp

La polizia di San Paolo ha arrestato il vicepresidente di Facebook per l’America Latina, Diego Dzodan. L’azienda non avrebbe collaborato con le autorità, impedendo l’accesso ai server di WhatsApp nel corso di alcune indagini riservate.
A cura di Marco Paretti
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Diego-Dzodan

La polizia di San Paolo ha arrestato il vicepresidente di Facebook per l'America Latina, Diego Dzodan. L'azienda non avrebbe collaborato con le autorità, impedendo l'accesso ai server di WhatsApp nel corso di alcune indagini riservate. L'applicazione per la messaggistica è di proprietà di Facebook dal 2014. Il caso coinvolge un'inchiesta su un traffico di droga, le cui indagini sono approdate anche sulla popolare app utilizzata in tutto il mondo. A questo punto sarebbe scattato il rifiuto di Facebook ad aprire i propri server alla polizia, che in questo modo non ha la possibilità di leggere messaggi potenzialmente utili.

Lo ha rivelato la stessa polizia brasiliana, specificando che Dzodan, vicepresidente di Facebook per l'America Latina, è stato arrestato su ordine di un giudice nello stato di Sergipe, a nord-est del paese. L'uomo, argentino, è accusato di aver ignorato un ordine del giudice in merito ad un'investigazione segreta che coinvolge alcune organizzazioni criminali e il traffico di stupefacenti. In Brasile l'utilizzo di WhatsApp è enorme: circa metà della popolazione usa l'applicazione per comunicare anche e soprattutto per la sua gratuità.

Whatsapp top

Non è la prima volta che il Brasile si scaglia contro WhatsApp. A dicembre il governo aveva ordinato il blocco di WhatsApp per 48 ore con l'accusa di essere illegale, non regolamentata e di non aver risposto alle richieste delle autorità in merito ad un'indagine. Al tempo anche Zuckerberg era intervenuto definendo la decisione "un giorno triste per il Brasile". Poche ore dopo il giudice Xavier de Souza aveva ribaltato la sentenza, spiegando che "coinvolgere milioni di utenti non è ragionevole". Gli screzi con il governo, però, sembrerebbero non essere ancora terminati.

La vicenda ricorda da vicino la battaglia legale tra l'FBI e Apple, con quest'ultima intimata da un tribunale ad aiutare le autorità ad accedere all'iphone di uno dei due attentatori della strage di San bernardino, dove lo scorso 2 dicembre sono rimaste uccide 14 persone. Il rifiuto dell'azienda di Cupertino è stato immediato e ha portato ad uno scontro legale che sta proseguendo tuttora. Le motivazioni sarebbero da ricercare nelle modalità con le quali l'FBI vorrebbe accedere ai file contenuti all'interno del dispositivo e che, secondo Apple e molte altre realtà, creerebbe un "pericoloso precedente".

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