104 miliardi di dollari in otto anni. Riuscireste a creare 104 miliardi di dollari da zero in soli otto anni, per la precisione tra il vostro ventesimo e il vostro ventottesimo compleanno? Se avete risposto: “l’ho appena fatto” siete Mark Zuckerberg e potete anche evitare di leggere il resto dell’articolo, altrimenti proviamo a riflettere sul debutto che fra qualche ora farà di questo giovanotto americano il più giovane multimiliardario in dollari al mondo (entro stasera avrà un patrimonio superiore ai 25 miliardi di dollari, ossia più di 20 miliardi di euro), ma che continua a presentare alcuni punti interrogativi non da poco. Anzitutto la decisione di fissare il prezzo al massimo della forchetta indicativa (già ritoccata al rialzo rispetto all’avvio del collocamento), ossia a 38 dollari per azione, aumentando contemporaneamente il quantitativo di titoli collocati (421,2 milioni di azioni) rende lo sbarco di Facebook Inc. il più ricco di sempre dopo quello di Visa, che nel 2008 raccolse 17,9 miliardi di dollari (cifra poi salita a 19,7 miliardi grazie alle opzioni di “greenshoe” che nel caso di Facebook prevedono l’eventuale collocamento di altri 50,6 milioni di titoli, pari ad altri 1,9 miliardi di dollari di controvalore). Una cifra che renderà ricchi tanti, a cominciare da Goldman Sachs (il principale dei sei “underwriters” assoldati per l’operazione, gli altri essendo Morgan Stanley, Jp Morgan, Bank of America Merrill Lynch, Barclays Capital e Allen & Co) che con l’Ipo incasserà 1,09 miliardi di dollari mantenendo peraltro una piccola quota in portafoglio (con la greenshoe collocherà titoli per altri 35 milioni di dollari, vedendo il valore della sua quota residua ridursi ad un controvalore di circa 270 milioni). Ma ad essere ricchi saranno anche quei clienti privati che dalla stessa Goldman Sachs nel gennaio dello scorso anno acquistarono titoli Facebook sulla base di una valutazione di “soli” 50 miliardi di dollari raddoppiata in poco più di 16 mesi. E probabilmente si sentiranno ricchi almeno per qualche giorno anche coloro che hanno sottoscritto i titoli in questi giorni (non era possibile farlo per i risparmiatori italiani, che però potranno scommettere sul titolo attraverso una serie di Etf e mini-future a partire da domani, come già spiegato), visto che la maggior parte degli analisti americani sono concordi nel dire che Zuckerberg avrebbe potuto chiedere, ed ottenere, anche un prezzo superiore, grazie a una domanda che dopo qualche dubbio iniziale avrebbe ampiamente superato l’offerta e che probabilmente spingerà al rialzo il titolo nelle prime ore di quotazioni (e, si augurano i suoi sottoscrittori, anche nelle sedute successive).
Qualche nuvola all’orizzonte. Il debutto di Facebook straccia quello di Google che nell’agosto 2004 raccolse “appena” 1,9 miliardi di dollari a fronte di una valutazione complessiva di 23 miliardi (circa 10 volte le vendite nei 12 mesi precedenti il collocamento) ma che negli otto anni successivi ha visto salire la sua valutazione sino agli attuali 203 miliardi. Se Facebook, per inciso, dovesse registrare lo stesso ritmo di crescita futura delle quotazioni nel 2020 potrebbe valere circa 920 miliardi di dollari, ma qualcuno fa notare che già oggi Facebook vale circa 26 volte le vendite registrate da fine marzo 2011 a fine marzo 2012 e che proprio sul fronte delle attività qualcosa sembra non andare più così a gonfie vele. Se già nella prima trimestrale 2011 gli investitori avevano notato un rallentamento nella crescita della vendita di spazi pubblicitari, è di questi giorni la notizia che General Motor intende interrompere la pubblicità sul social network in quanto (come già accaduto con altri social media come Second Life e i mondi virtuali in genere) ci si è accorti che i messaggi a pagamento pubblicati su Facebook non hanno in realtà un impatto significativo nelle decisioni di acquisto degli automobilisti americani. Così GM, che lo scorso anno ha investito circa 10 milioni in pubblicità su Facebook e che pure continuerà ad utilizzare il social network per promuovere i suoi prodotti, cesserà di utilizzare annunci a pagamento e si concentrerà su attività di social media marketing, attività che peraltro vanno facendosi ogni giorno più strutturate e complesse come dimostra anche l’esplosione di imprese che stanno provando a conquistarsi uno spazio in un’arena sempre più affollata come ben mostra un’infografica di Buddy Media rilanciata da Businessinsider.com. Ancora peggio, secondo un sondaggio AP-Cnbc Facebook pur ricevendo un’ampia maggioranza di pareri favorevoli (il 51% degli intervistati) sembra percepito meno favorevolmente di altri colossi high-tech come Google, Apple o Microsoft (cui va il favore del 71% circa degli intervistati), anche se per il momento batte il sito di microblogging Twitter (che d’altra parte continua a dire di non essere un social network ma una news network, con una matrice asimmetrica che non rispecchia l’impostazione e i paradigmi di quella, simmetrica, di Facebook ). La percezione di Facebook è poi molto elevata tra i giovani (71% di impressioni positive per gli under 35), molto bassa tra i seniores (28%) oltre ad essere molto più elevata tra gli utenti (72% di impressioni favorevoli) rispetto ai non utenti (solo il 25% di impressioni favorevoli). Il sondaggio rivela comunque che nel complesso il 51% degli intervistati ritiene che l’Ipo sarà un successo (percentuale che sale al 54% tra coloro che già possiedono azioni o fondi comuni e al 59% tra coloro che hanno meno di 35 anni, confermando il “feeling” tra Faccialibro e il pubblico dei più giovani), nonostante che sul suo futuro i giudizi siano contrastanti: il 41% degli intervistati ritiene che continuerà ad essere un’azienda di successo anche a lungo termine, il 46% pensa che, come quasi tutte le cose di questo mondo, anche Facebook vedrà col tempo svanire la propria fama.
Secondo voi qual è il prezzo giusto? Detto tutto questo, la sola grande domanda che resta in queste ore non è quale sia il valore corretto di Facebook adesso o tra un anno in astratto, ma quello al quale voi stessi avreste sottoscritto il collocamento, se aveste potuto prendervi parte. O, se volete, il prezzo al quale sareste disposti a investire ora che il titolo è sul mercato. Se credete come alcuni che si tratti pur sempre di una bolla speculativa, magari destinata a durare qualche tempo ma prima o poi esplodere, potreste attendere che il prezzo torni verso un livello più ragionevole, se invece pensate sia destinato come Google a veder crescere le proprie quotazioni negli anni forse vi conviene tenere d’occhio il titolo e comprarlo alla prima occasione buona. Per curiosità, se volete, potete farvi un’idea di quanto volatile possano essere le opinioni dei potenziali investitori direttamente sul sito del Wall Street Journal, dove è stato pubblicato una sorta di grafico della “febbre da Facebook”, che nel corso di maggio è oscillata tra punte di 191,56 dollari per azione e minimi di 25,97 dollari. In mezzo sicuramente ci sarà “il prezzo giusto”, il problema sta solo a trovarlo.