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Facebook ha censurato la Dichiarazione d’indipendenza americana: “Incita all’odio”

Un esempio di quanto gli algoritmi di un social network possano essere “stupidi” è il caso davvero eclatante della censura a cui è stato sottoposto un brano della Dichiarazione d’indipendenza americana, proprio in occasione dei festeggiamenti dell’Independence Day. Conteneva “incitamento all’odio”.
A cura di Juanne Pili
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Ogni 4 luglio in America si commemora l’Independence Day, l’anniversario della Dichiarazione di indipendenza dall’Impero britannico nel 1776, che porterà poi dopo anni di guerra alla nascita degli Stati Uniti d’America. Tale atto venne sancito mediante un documento firmato dai delegati delle prime 13 colonie. Ma secondo gli algoritmi di Facebook presenterebbe testi contenenti “incitamento all’odio”, pertanto quando alcune sue parti sono state pubblicate sul social network dalla pagina del quotidiano texano Liberty County Vindicator, un brano incriminato è stato prontamente rimosso. Non è la prima volta che il social network ci stupisce con le sue censure improbabili, pensiamo a quelle che riguardano le condivisioni di nudi artistici, anche quelli di opere storiche esposte nei musei.

La Dichiarazione di indipendenza è razzista?

Ogni riga della Dichiarazione di indipendenza segna un passo importante anche nella difesa di diritti fondamentali, come quelli che permettono a social network quali Facebook di esistere. Eppure come riporta anche la BBC, secondo i suoi algoritmi il testo fondativo della nazione americana sarebbe “razzista”, quindi degno di essere rimosso. Il brano oggetto della censura è stato pubblicato il giorno prima dei festeggiamenti e riguarda un passo che fa riferimento ai “selvaggi indiani senza scrupoli”. Non erano proprio tempi ottimali per principi ancora lontani da raggiungere, come quello del “politically correct”, per quanto in un certo senso anche oggi non siamo messi bene.

[Il re d’Inghilterra] ha aizzato insurrezioni interne tra di noi e ha cercato di istigare chi abita sulle nostre frontiere, i selvaggi indiani senza scrupoli, la cui nota regola di guerra è la distruzione indiscriminata di tutti, indipendentemente dall’età, il sesso e la condizione.

Una Storia di contraddizioni

Del resto il redattore della Dichiarazione Thomas Jefferson condivideva con buona parte dei suoi colleghi una contraddizione che l’America si porta – indirettamente – ancora dietro: quella di condividere principi di libertà, col possedere degli schiavi. Un redattore del Vindicator, Casey Stinnett ha provato anche a immaginarsi in che modo oggi Jefferson avrebbe potuto esprimere il suo pregiudizio per i nativi americani, senza apparire politicamente scorretto e pienamente in linea con le normative di Facebook:

Forse se Thomas Jefferson avesse parlato di “nativi americani in una fase impegnativa del loro sviluppo culturale” sarebbe stato meglio. Sfortunatamente Jefferson, come la maggior parte dei coloni britannici del tempo, non aveva sentimenti così amichevoli per i nativi americani.

Ma alla fine il buon senso degli admin umani che hanno ricevuto il ricorso del quotidiano ha avuto la meglio, permettendo la notte tra il 3 ed il 4 luglio che venisse rimesso online il testo, il quale ancora oggi – dopo più di due secoli – continua a risultare passabile di censura da parte di una "potenza", anche se stavolta non è proprio straniera e i suoi eserciti sono stringhe di codice.

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