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Facebook ha pagato 20 dollari al mese ad alcuni utenti per spiargli il telefono

TechCrunch ha rivelato l’esistenza di una iniziativa di Facebook volta a individuare in anticipo tendenze e abitudini degli internauti: un’app che tiene sotto controllo le abitudini di navigazione dietro compenso mensile, qualcosa di modo simile alla VPN Onavo Protect lanciata anni fa ma potenzialmente più pericolosa.
A cura di Lorenzo Longhitano
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Appena venti dollari al mese per ficcare il naso — a distanza ma senza limitazioni — negli smartphone dei propri affiliati: è questa la cifra che Facebook ha promesso per anni a un gruppo di volontari, come parte di un programma teso a individuare in anticipo tendenze in voga tra il pubblico giovanile per sviluppare nuove funzionalità al passo coi tempi all'interno delle proprie app. Lo ha riferito TechCrunch: il programma prevedeva di installare sugli smartphone dei partecipanti un'app chiamata Facebook Research, che di fatto non era una normale app ma una sorta di porta di accesso per i meandri dello smartphone, che concedeva al gruppo di Mark Zuckerberg di tenere sott'occhio email, contatti, attività svolte a bordo del telefono.

Per il gruppo di Mark Zuckerberg in realtà l'app era progettata come una semplice VPN, ovvero un tunnel nel quale veniva fatto passare il traffico Internet degli utenti che poi la società aveva modo di analizzare per comprendere quali fossero i siti più visitati. In effetti l'azienda aveva già tentato qualcosa di simile: nel 2013 comprò il servizio di VPN Onavo e lo offrì come ai propri utenti come app da scaricare gratuitamente per la navigazione anonima, ma rimanendo poco chiara sul fatto che i propri analisti avrebbero osservato le tendenze di navigazione emerse dall'utilizzo. In questo modo Facebook riuscì a comprendere in anticipo l'interesse montante per Snapchat e per i video in diretta di Periscope e Meerkat, sviluppando con tempismo perfetto delle alternative all'interno delle proprie app. L'anno scorso Apple ha bandito il download della VPN Onavo dal proprio App Store perché in contrasto con i termini di utilizzo (su Google Play l'app è ancora disponibile) ma ai tempi il progetto relativo a Facebook Research era già stato avviato.

Stando a TechCrunch, per trovare adesioni al proprio programma Facebook si sarebbe rivolta ad agenzie esterne incaricate di contattare, tramite annunci pubblicitari, utenti appartenenti alla fascia di pubblico richiesta dal gruppo, ovvero persone dai 13 ai 35 anni di età. A questi sarebbe stata proposta l'installazione sul proprio telefono di una serie di certificati normalmente destinati ad uso aziendale — ovvero una tipologia di modifiche al funzionamento del sistema operativo che danno ai reparti informatici delle aziende un certo grado di controllo sui dispositivi dei propri impiegati. È questa la differenza tecnica tra la VPN Onavo e Facebook Research: i certificati annessi a Facebook Research danno infatti all'app il potere di accedere a messaggi privati, ricerche web, email e molto altro di ciò che è presente sugli smartphone degli affiliati — un potere che però Facebook potrebbe non aver esercitato.

La reazione di Apple

Poco importa: di certo al momento c'è solo che Apple ha già riferito di ritenere la diffusione di app come Facebook Research "una violazione degli accordi stretti con Apple", che ha fornito quei certificati a Facebook affinché venissero installati sugli smartphone dei propri dipendenti, e non su quelli di un pubblico generico. Il gruppo di Zuckerberg dal canto suo ha dichiarato che metterà fine al programma Facebook Research sui dispositivi iOS, anche se ormai potrebbe essere tardi: la casa di Cupertino ha infatti già revocato la validità di tutti i certificati utilizzati da Facebook, rendendo inutilizzabili parecchie delle app interne alla società che vengono utilizzate dai dipendenti per coordinare il proprio lavoro.

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