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Facebook in borsa: esiste il rischio di una nuova bolla speculativa?

I mille dubbi del mercato finanziario a proposito dell’investimento Facebook e la paura di una nuova bolla speculativa: torna la febbre degli anni ’90.
A cura di Anna Coluccino
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A giudicare dall'andamento della società creata da Mark Zuckerberg, investire su Facebook sembrerebbe la cosa più ovvia, sicura e naturale del mondo. Quali dubbi si possono avere in merito ad una compagnia che, dopo l'investimento di Goldman Sachs, vale 50 miliardi di dollari ed ha appena superato Google nella classifica dei siti più visitati al mondo? Apparentemente nessuno. Eppure, da più parti, cominciano a sollevarsi voci  insinuati e si moltiplicano i commentatori che esprimono un certo tentennamento in merito alla sicurezza dell'investimento nel sito in blu. Si parla di bolla finanziaria, di "IPO privata", una sorta di quotazione in borsa per pochi intimi, come se dalla Goldman Sachs intendessero lanciare un messaggio del tipo: Wall Street c'est moi.

Ma che cosa sta succedendo e, soprattutto, come fa un profano dell'alta finanza a capirci qualcosa?

Dunque, cominciamo dall'inizio; vale a dire da quando, pochi giorni fa, la Goldman Sachs ha sorpreso tutti investendo 450 milioni (più 50 milioni della Digital Sky Technologies) nel sito in blu, portando così il valore di Facebook a 50 miliardi di dollari. Ma come ha fatto quest'investimento a ridefinire il valore di mercato di Facebook? E' presto detto: quando si investe in qualcosa, se ne acquista una determinata porzione (in questo caso l'1%). Il che vuol dire che se, oggi, Zuckerberg decidesse di vendere tutto, la quotazione andrebbe fatta sulla base dell'ultimo prezzo pagato per l'acquisto di una quota. L'investimento di GS più DST ha fissato il valore dell'1% del social network a 500 milioni, che, moltiplicato per 100, ci dà un valore complessivo di 50 miliardi di dollari.

E ora veniamo al perché la GS ha deciso di investire una tale cifra su Facebook in questo preciso momento. La ragione ufficiale è che ha approfittato del desiderio di vendere di alcune venture capitalist, le ha generosamente liquidate ed è entrata in pole position per l'organizzazione dell'IPO (Offerta Pubblica Iniziale, vale a dire la prima quotazione in borsa). Insomma, la Goldman Sachs ha investito nella prospettiva di realizzare un guadagno al momento dalla quotazione in borsa, scommettendo sul fatto che il mercato avrebbe assegnato a Facebook un valore che va ben oltre i 50 miliardi.

E fin qui (se si tralascia la questione: perché mai alcune venture capitalist avrebbero deciso di vendere proprio mentre GS porta la valutazione di Facebook a 50 miliardi di dollari?) sembra essere tutto al suo posto. Tutto liscio. Sorprendente, forse, ma liscio.

Poi succede che, come riportato dall'Huffington Post, Goldman Sachs comincia ad invitare i suoi migliori clienti ad investire privatamente su Facebook, concedendo loro soltanto una settimana di tempo per decidere, e senza fornire molti dati sull'andamento della società di Zuckerberg. Il problema, infatti, è che a dispetto del suo straordinario volume di utenza, Facebook non produce utili di enorme portata, il suo capitale sono gli utenti. Le voci più accreditate parlano di un utile che si aggira intorno ai 500 milioni nel 2010, a fronte di un fatturato che si aggira intorno a 1.7 miliardi, ma su questo dato le opinioni sono molteplici. Ecco perché né il social network, né la GS hanno grande interesse a rendere pubbliche le entrate e la situazione finanziaria di Facebook, cosa che, se la società fosse quotata in borsa, sarebbero costrette a fare; ma in questo mercato fatto di trattative private, la GS può anche decidere di far puntare al buio i propri investitori. Gli unici dati più o meno "certi" sembra offrirli il Wall Street Journal e riguardano il fatturato e l'utile di Facebook del 2009, pari, rispettivamente, a 777 milioni e 200 milioni di dollari, mentre la stima del WSJ per il fatturato del 2010 è di 2 miliardi di dollari. Business Insider, invece, prova a fornire almeno un quadro completo dell'andamento delle valutazioni di Facebook nel corso degli anni e, a tal proposito, vi riproponiamo la chart pubblicata qualche giorno fa dal sito specializzato, dalla quale si evince l'inquietante dato secondo il quale il valore di Facebook è letteralmente raddoppiato in soli sei mesi.

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E' proprio a causa di questo insieme di fattori che molti commentatori cominciano a parlare di bolla speculativa. Ma che cos'è una bolla? Quali conseguenze comporta?

Una bolla speculativa è una fase del mercato in cui i prezzi di un bene cominciano a lievitare senza alcuna ragione apparente, in una sorta di isterico entusiasmo generalmente determinato dall'affacciarsi di una novità (tecnologica) sul mercato. Alla fine degli anni '90, la novità che determinò la bolla della New Economy fu Internet, oggi sembra esserlo il web 2.0. Le dinamiche sono molto semplici: la domanda d'acquisto sale oltremisura in pochissimo tempo, portando alle stelle il valore del bene in questione. Quando ci si rende conto che il valore assegnato a quel bene non ha una corrispondenza "reale" e le prospettive di guadagno appaiono più misere di quanto non si credesse, la bolla scoppia. A questo punto, tutti cominciano a vendere per poter guadagnare, se sono ancora in tempo, o almeno per poter monetizzare prima che i titoli perdano completamente valore.

Ora, proprio alla luce di tutto questo, la Goldman Sachs vorrebbe quotare Facebook al più presto, ma Zuckerberg non sembra avere altrettanta fretta. Del resto, neppure nella banca di Wall Street sembra esserci accordo. Come riportato dal New York Times, infatti, il capo unità Richard A. Friedman, un partner anziano della GS, ha deciso che non lascerà investire i suoi clienti in Facebook perché non crede sia vantaggioso, e la diffusione di questa notizia ha generato non poche reazioni di sospetto da parte dei potenziali investitori. La CNN, addirittura, pubblica un articolo scritto da Duff McDonalnd dal titolo provocatorio: "Le cinque ragioni per cui non compro Facebook", in cui, senza troppi peli sulla lingua, si insinua che l'affaire Facebook non sia altro che una bolla speculativa, aggiungendo alle già note perplessità due, ulteriori, osservazioni.

La prima: il successo di Facebook dipende dalla capacità di prendere poco da molti (basti guardare il modello di funzionamento dei giochi di Zynga), ma come può il social network anche solo immaginare di coprire il valore nominale di 50 miliardi di dollari attraverso i soli banner pubblicitari?

La seconda: Warren Buffet, imprenditore statunitense soprannominato l'Oracolo di Ohama per la sua capacità "divinatorie" in materia di finanza, e terzo uomo più ricco del mondo, ha consigliato di dare un'occhiata alla valutazione di Facebook sul mercato e formulare una semplice domanda retorica: "Se voi aveste i soldi, comprereste l'intera compagnia a quel prezzo?" Considerando che la Goldman Sachs vale 88 miliardi di dollari, potendone spendere 50, converrebbe impossessarsi di più della metà della più prestigiosa banca del mondo o dell'intera compagnia di Zuckerberg?

Come per tutte le domande retoriche, la risposta è del tutto superflua.

Un'ultima, necessaria, notazione riguarda la recente notizia che vorrebbe la SEC (Securities and Exchange Commission), ente governativo statunitense preposto al controllo della borsa valori, impegnata in un'indagine che ha lo scopo di chiarire tutti i punti oscuri testé analizzati ed evitare lo sviluppo di una nuova e potenzialmente disastrosa bolla speculativa.

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