Facebook può causare crisi di identità?
Il successo, si sa, porta inevitabilmente con sè anche le critiche. Facebook da questo punto di vista è un esempio emblematico; più cresce la sua popolarità più la piattaforma diventa bersaglio di attacchi sempre più variegati e differenti, quando davvero motivati, quando meno.
L'ultima crociata anti-Facebook viene direttamente da una esponente della Camera dei Lord inglese, la Baronessa Greenfield, anche se nelle sue vesti di docente di farmacologia sinaptica del Lincoln College di Oxford.
Secondo la Greenfield i social network, e prima tra tutti quello di Zuckerberg, possono condurre alcuni utenti a creare una propria identità parallela “adeguata” alla vita nelle reti sociali. In poche parole alcuni soggetti avrebbero dei comportamenti nella loro vita reale studiati apposta per essere funzionali e di successo nel mondo virtuale.
La Baronessa traccia un parallelismo tra questo tipo di comportamento e quello dei bambini, costantemente orientato ad ottenere l'approvazione e il plauso da parte degli adulti; in questo caso sono le amicizie online ad essere coloro nei quali cercare il plauso ed il sostegno, ma il principio è più o meno lo stesso. Discorso simile anche per la struttura dei profili, la scelta delle foto ecc, tutto studiato inconsapevolmente per dare un'immagine di sé vincente ma spesso molto distante dalla realtà.
Il tema dell'identità online è uno dei più antichi spunti di discussione ed analisi da parte di sociologi e studiosi del settore. Senza lambire il campo di chi crea una vera e propria identità alternativa, proiezione di ciò che vorremmo essere e che non siamo, è noto che la rete consenta una gestione più studiata di quello che mostriamo agli altri, di come vogliamo apparire.
È sufficiente dare un'occhiata ad esempio ai profili di persone che conosciamo da tempo ed in profondità per scoprire che l'immagine che molti di loro proiettano nella rete sociale è parzialmente differente da quella che noi abbiamo dopo una lunga conoscenza reale.
La Greenfield con la sua analisi si spinge ancora più avanti, ipotizzando addirittura la creazione di una personalità alternativa, ma a molti è sembrato un attacco portato avanti senza una vera conoscenza del fenomeno dei social network. Secondo alcune critiche, come quella mossa dallo scrittore Ben Goldacre, lo scopo della ricerca, affidata alle pagine del Daily Mail, sarebbe solo quello di creare allarmismo e dare popolarità alla docente e alle sue ricerche.