Funambol: una startup italiana fa scuola nella Silicon Valley
A rischio di passare per nazionalisti, lo diciamo subito: Funambol rocks, MobileMe di Apple… no. E' curioso immaginare come un'impresa per metà italiana possa giocarsela con i colossi di Silicon Valley, ma la verità è che, almeno inizialmente, sono le idee a fare la differenza, se poi arrivano anche gli investimenti startup crescono e prolificano, altrimenti provano ad arrangiarsi come possono con alterni risultati.
Fabrizio Capobianco ha avuto l'idea e, in seguito, anche il finanziamento di 30 milioni da parte di Venture Capital, ed ecco che Funambol diventa un centro di sviluppo in cui cervelli italiani lavorano grazie a capitali statunitensi. Il quartier generale di Funambol si trova nella mecca di ogni tech-addicted che si rispetti: Silicon Valley ma, fortunatamente per il nostro paese, uno dei centri di ricerca e sviluppo ha sede in Italia e, per la precisione, a Pavia.
Funambol è un'applicazione open source in grado di gestire le email su ogni genere di mobile device e di sincronizzare l'agenda, i contatti e i contenuti presenti su ciascuno strumento, in maniera trasversale su tutti i dispositivi elettronici di cui un utente dispone. In sostanza, Funambol lavora in ambiente wireless sfruttando la cloud, ovvero backuppando tutti i contenuti presenti suoi vari dispositivi all'interno di essa, e consentendo sia la modifica degli oggetti a partire da qualunque device, sia la salvezza delle informazione in caso di smarrimento dei dispositivi. Ma questa è una spiegazione fin troppo formale, come direbbe lo stesso Capobianco: "E' un software che tiene tutti i tuoi dispositivi sincronizzati. Ovvero fai una foto sul cellulare e te la ritrovi sul computer o nel tablet o sulla TV. Lo stesso per la rubrica, il calendario eccetera. E ti mette una copia sul cloud, dove la puoi vedere (e modificare) con un browser. E ti fa da backup: nel caso ti cada il cellulare nella toilet, puoi avere tutto indietro".
Stando alle opinioni di alcuni blogger, Funambol sarebbe la versione evoluta e corretta di MobileMe della Mela, e non solo non avrebbe nulla da invidiare alla sua (quasi) gemella cupertiana, ma le darebbe diversi punti di distacco. Insomma, sembra proprio che una volta tanto l'ingegneria italiana si mostri all'altezza delle aspettative e, soprattutto, si riveli in grado di competere con i colossi californiani. Per quel che, invece, riguarda gli investitori nostrani, la loro partecipazione alla crescita tecnologica del nostro paese continua a non farsi sentire, langue, ristagna e si concentra sui soliti noti che, oggettivamente, non hanno più molto da offrire.