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Garante Privacy: “Un post su Facebook non è mai un contenuto privato”

Per il Garante della Privacy un post su Facebook, anche se limitato a pochi amici e conoscenti, non è mai un contenuto privato perché viene comunque, potenzialmente, visto da tutti. E se il post contiene al suo interno informazioni sensibili, come quelle che possono riguardare i minori, questo può essere visto da altri mettendo in pericolo gli utenti.
A cura di Francesco Russo
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Per il Garante della Privacy un post su Facebook, anche se limitato a pochi amici e conoscenti, non è mai un contenuto privato perché viene comunque, potenzialmente, visto da tutti. E di conseguenza, se lo stesso post contiene al suo interno informazioni sensibili, come quelle che possono riguardare i minori, questo può essere visto da altri mettendo in pericolo gli utenti. È questo, in sintesi, il principio che il Garante della Privacy tiene a sottolineare riguardo la protezione dei dati personali che si trova all'interno di un provvedimento.

Il Garante della Privacy interviene di nuovo su Facebook sottolineando il principio secondo il quale anche se un post sul social network viene condiviso in maniera privata, quindi non pubblica, lo stesso è comunque visualizzabile da altri. E questo diventa pericolo soprattutto nel momento in cui al suo interno sono riportate informazioni sensibili riguardanti minori.

Il principio esplicitato dal Garante nella sua consueta newsletter è contenuto all'interno di un provvedimento con cui si ordinava ad una donna la rimozione dalla propria pagina Facebook di due sentenze sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio, in cui erano riportati delicati aspetti di vita familiare che riguardavano anche la figlia minorenne. L'Autorità, intervenuta su segnalazione dell'ex marito che lamentava una violazione del diritto alla riservatezza della figlia, ha ritenuto che la divulgazione dei provvedimenti giurisdizionali in questione fosse incompatibile con quanto stabilito dal Codice privacy.

Il Codice vieta infatti la pubblicazione "con qualsiasi mezzo" di notizie che consentano l'identificazione di un minore coinvolto in procedimenti giudiziari, nonché la diffusione di informazioni che possano rendere identificabili, anche indirettamente, i minori coinvolti e le parti in procedimenti in materia di famiglia. Il Garante sostiene ancora che l'estrema pervasività della divulgazione su Internet aggrava notevolmente la violazione di diritti della persona, in questo caso per giunta minore di età.

Il Garante sostiene anche che non può essere provata la persistente natura chiusa del profilo e la sua accessibilità a un gruppo ristretto di "amici", in quanto il profilo è facilmente modificabile, da "chiuso" ad "aperto", in qualsiasi momento da parte dell'utente. Esiste anche la possibilità che un "amico" condivida il post con le sentenze sulla propria pagina, rendendolo visibile ad altri utenti, determinando così una possibile conoscibilità "dinamica", più o meno ampia, del contenuto che può estendersi potenzialmente a tutti gli iscritti a Facebook.

Insomma, il Garante ancora una volta lancia l'allarme sulla divulgazione dei dati che riguardano minori anche in situazioni in cui un filtro non basta. È sempre meglio fare attenzione prima di pubblicarli.

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