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Gli iPhone potevano costare 150 dollari in più per la guerra dei dazi con la Cina

Nuove tariffe applicate ai telefoni Apple avrebbero potuto causare rincari del 15% per i consumatori finali, oppure costringere la casa di Cupertino a sobbarcarsi i costi necessari ad assorbire il colpo senza ritoccare i prezzi al dettaglio. Un accordo con la Cina trovato poche ore fa ha riportato la situazione alla normalità all’ultimo momento.
A cura di Lorenzo Longhitano
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iPhone 11 Dual SIM Italia

Chi sta pensando di comprare un nuovo iPhone può tirare un sospiro di sollievo: dopo voci che parlavano di possibili rincari fino al 150 dollari in più in relazione all'acuirsi delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, da qualche ora sembra che i telefoni Apple non subiranno alcun tipo di aumento di prezzo. Nelle scorse ore infatti i due Paesi hanno raggiunto un accordo che, tra le altre cose, sembra aver disinnescato (almeno temporaneamente) l'applicazione di dazi che rischiavano di far impennare il costo del gadget o di costringere Apple a venderlo a margini di guadagno sensibilmente minori.

Il timore che il conflitto commerciale potesse influire negativamente sul prezzo di iPhone (ma anche di iPad e di altri dispositivi Apple) era nato già mesi fa: quasi tutti i prodotti più recenti ed evoluti del gruppo del resto sono ancora fabbricati completamente in Cina. Ai tempi si ipotizzava che per sfuggire ai dazi sui prodotti di importazione cinesi applicati dagli Stati Uniti Apple potesse decidere di spostare la produzione in un altro Paese, ma entrambe le strade scelte avrebbero comportato dei costi. Poche settimane dopo era stata ufficializzata l'entità delle tariffe alle quali sarebbero stati sottoposti i prodotti — il 15 percento, ovvero circa 150 dollari sui prezzi dei telefoni più recenti — e la data della loro entrata in vigore, ovvero il 15 dicembre.

In questi giorni però i due Paesi sono giunti a un accordo che ha portato l'ammnistrazione Trump ad azzerare i dazi all'ultimo momento, facendo al contempo ad Apple un grande favore. In una nota agli investitori di Wedbush Securities ottenuta da Bloomberg, l'analista Dan Ives ha ipotizzato infatti che — in caso non si fosse giunti a un accordo — la società si sarebbe probabilmente trovata di fronte a un bivio: da una parte sobbarcarsi i rincari per non colpire la domanda del prodotto, facendo cadere del 4 percento i guadagni per singola azione del gruppo; dall'altra passare ai consumatori i rialzi, causando un calo delle vendite dal 6 all'8 percento.

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