"Google paga le donne meno degli uomini". È l'accusa del Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti, che definisce la strategia dell'azienda di Mountain View "sistematica" e getta nuovamente benzina su un fuoco alimentato dalle polemiche che nel corso degli ultimi mesi hanno colpito diverse aziende della Silicon Valley, accusate di pagare meno le dipendenti e limitarle a posizioni secondarie senza molte possibilità di scalare verso i vertici aziendali. In questo caso, spiega l'accusa, sarebbero gli uomini ad avere più possibilità di scalata e ad ottenere i compensi più alti rispetto alle colleghe.
La nuova polemica è nata da un controllo di routine svolto dal Dipartimento del Lavoro su Google – una procedura obbligatoria per tutti i contractor federali – durante il quale le autorità hanno però individuato una marcata differenza tra gli stipendi delle donne e degli uomini. Secondo Janette Wipper, direttore regionale del Dipartimento del Lavoro, all'interno dell'azienda ci sarebbero "disparità sistemiche nei compensi a svantaggio delle donne". Ora le autorità vogliono accedere a maggiori informazioni sui salari dei dipendenti di Big G per confermare o meno i dati individuati in fase di indagine preliminare.
"Siamo in disaccordo con Wipper" ha risposto Google in una nota. "Ogni anno conduciamo un'ampia e approfondita analisi sui compensi e non abbiamo rinvenuto nessuna disparità. Al di là di dichiarazione infondate che abbiamo sentito per la prima volta in tribunale, il Dipartimento del Lavoro non ha fornito nessun dato o condiviso la metodologia usata". Non è di certo la prima volta che un'azienda della Silicon Valley si ritrova al centro di polemiche riguardanti la discriminazione sul lavoro, soprattutto per quanto riguarda le figure manageriali prevalentemente in mano a uomini bianchi. Da qui è nata una forte volontà di diversificarsi, un approccio che negli ultimi due anni ha caratterizzato le principali aziende americane.